Il 28-29 marzo 2012, per la prima volta, il vertice dei Brics si è tenuto in India, a Nuova Delhi. I leader dei cinque grandi “emergenti” (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) si sono incontrati per discutere il ruolo che il gruppo intende svolgere nel fronteggiare l’attuale crisi economica e nel promuovere a livello globale uno sviluppo economico sostenibile. I risultati del vertice sono elencati nella Delhi Declaration, il documento emesso al termine dei lavori. Spicca la decisione di istituire delle linee di credito tra gli stati membri del gruppo basate non più sui dollari, o sugli euro, ma sulle singole valute locali al fine di promuovere la crescita degli scambi commerciali e degli investimenti tra i paesi membri e di limitare l’impatto della crisi economica occidentale. I cinque stati hanno anche deciso di affidare ai ministri delle finanze il compito di valutare la creazione di una banca per la promozione dello sviluppo dei Bric e dei paesi in via di sviluppo. I cinque hanno anche raggiunto una posizione comune sulle crisi siriana e iraniana, chiedendo di proseguire sulla strada del dialogo, e hanno sottolineato la necessità di una riforma del Fondo monetario internazionale e del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Il vertice è stato celebrato dal governo indiano e dalla stampa del paese come un successo e un chiaro segnale della nuova importanza che l’India, insieme alle altre economie emergenti, ha ormai conquistato a livello globale. Particolare attenzione è stata riservata alla soddisfazione espressa dal governo cinese e alle prospettive che il dialogo promosso durante il summit potrebbe aprire per lo sviluppo delle relazioni bilaterali sino-indiane, dato che durante i giorni della conferenza il 2012 è stato proclamato “l’anno dell’amicizia sino-indiana”.
Dietro alle celebrazioni ufficiali del summit dei Brics e alla retorica dell’amicizia tra Cina e India si nasconde però una realtà ben più complessa. Ci sono innanzitutto seri dubbi sulla solidità politica del gruppo. Per esempio, i cinque paesi non hanno assunto posizioni comuni sulle risoluzioni finora adottate dall’Onu sulla crisi siriana. Inoltre, anche se l’importanza economica dei cinque stati non può più venire negata, li dividono numerosi contrasti politici: Russia, Cina e India (in modo particolare le ultime due) sono infatti potenze concorrenti in Asia.
Uno dei tanti elementi di tensione tra Cina e India, è emerso proprio durante i giorni del summit: la questione tibetana. La morte di Jamphel Yeshi, un ragazzo tibetano di 27 anni, deceduto durante il vertice per essersi dato alle fiamme, ha riportato l’attenzione sulla serie di casi di auto-immolazione compiuti da giovani tibetani (più di 30 dal 2009), imbarazzando pesantemente sia Nuova Delhi che Pechino. Il governo cinese ha accusato il Dalai Lama (rifugiatosi in India nel 1959) di aver incoraggiato le proteste, anche se si è affrettato a ricordare che l’India riconosce il Tibet come parte inalienabile della Cina e a ringraziare Nuova Delhi per il suo impegno nel contrasto alle attività tibetane anti-cinesi.
Al di là della questione tibetana, ci sono però diversi altri fattori che rendono particolarmente delicati i rapporti sino-indiani. In primo luogo, sebbene gli scambi tra le due economie siano cresciuti vertiginosamente negli ultimi anni, si sono registrati ingenti squilibri commerciali che, oltre a rivelare la debolezza dell’economia indiana (il deficit indiano nei confronti della Cina nel 2011 è stato di 23.9 miliardi di dollari Usa), potrebbero divenire causa di tensioni in futuro. In secondo luogo, Cina e India sono rivali nella ricerca di fonti energetiche e nella difesa delle rotte commerciali marittime che assicurano tali rifornimenti, specie nell’Oceano Indiano. I difficili rapporti bilaterali sino-indiani sono stati inoltre negativamente influenzati anche dalle più strette relazioni che a partire dal 2005 sono state intessute tra India e Stati Uniti in chiave anti-cinese (tra cui l’accordo sul nucleare civile). Infine, il fatto che la questione della definizione dei confini tra Cina e India non sia stata ancora risolta lascia aperta una fonte potenzialmente pericolosa di tensione, la quale appare ancora più preoccupante se si considera che entrambi gli stati sono da anni impegnati in vigorosi programmi di riarmo (nel 2011 la Cina ha investito 106,26 miliardi di dollari americani nella difesa, mentre l’India 44,3, diventando il primo importatore mondiale di armi).
Alla luce di tutto questo non si può che accogliere il nuovo messaggio di distensione lanciato al summit dei Brics con la speranza che effettivamente possa aprire una nuova fase di collaborazione tra le due potenze asiatiche.
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