La crescita dell’economia cinese ha prodotto un sensibile miglioramento della qualità della vita in Cina. Tuttavia, ciò ha comportato anche costi ambientali estremamente rilevanti. Rapido sviluppo industriale e urbanizzazione hanno richiesto un consumo di risorse naturali e materie prime senza precedenti, intensificando la pressione antropica sugli ecosistemi. Come risultato, la qualità ambientale di molte aree è stata pesantemente compromessa. L’ambiente naturale sta progressivamente perdendo le proprie funzioni ecologiche e la capacità di resistere alle avversità naturali (resilienza). Nonostante i tentativi del governo di migliorare le normative ambientali e promuovere la loro applicazione, si continua ad assistere a un aumento del degrado della qualità degli ecosistemi in termini di estensione, intensità ed effetti. I risultati di questo processo sono riscontrabili nel declino delle foreste e delle praterie, nell’accelerazione della desertificazione ed erosione del suolo, nella perdita della quantità e nel peggioramento della qualità delle acque, nella contaminazione di terreni agricoli e rurali, nei problemi legati alla qualità e salubrità dei cibi, nell’invasione di specie aliene, nella riduzione della biodiversità e nella perdita di risorse genetiche. Un’analisi dei dati disponibili sullo stato dell’ambiente in Cina permette di ottenere un’idea più precisa delle condizioni di degrado che interessano le tre componenti ambientali: aria, acqua e suolo.
Per quanto riguarda il comparto atmosferico, oggi la Cina è il principale produttore di biossido di carbonio a livello mondiale (25,1% delle emissioni totali nel 2011), avendo sorpassato gli Stati Uniti già nel 2008. La Cina è il paese che emette la maggior quantità di anidride solforosa (circa il 25% delle emissioni mondiali), esprimendo probabilmente le emissioni più alte anche di ossidi di azoto (NOx); la Cina si posiziona altresì al terzo posto per estensione di aree affette da piogge acide. Questi primati negativi si riflettono sulla qualità dell’aria delle città cinesi, caratterizzate da concentrazioni di contaminanti molto superiori alle medie europee (vedi Figura 2). Considerando i valori medi nazionali di concentrazione di PM10 (particolato atmosferico il cui diametro è uguale o inferiore a 10 µm), la Cina supera la media mondiale (71 µg/m3) e distanzia numerosi paesi occidentali (vedi Figura 1). La presenza di alte concentrazioni di contaminanti e particolato nell’aria può essere facilmente osservata nelle grandi città cinesi del delta del fume Yangtze, nel delta del fume delle Perle e nella regione di PechinoTianjin-Hebei, dove si verificano più di 100 giorni all’anno di condizioni di smog molto grave.
In merito alle risorse idriche, la richiesta continua di acqua per uso industriale e domestico ha messo a dura prova i corpi idrici naturali e la loro capacità di autodepurazione. La presenza di numerose sorgenti di inquinamento puntuali e diffuse (queste ultime per lo più di origine agricola) ha causato l’emissione e la diffusione di quantità eccessive di nutrienti e di contaminanti organici e inorganici, con conseguenti fenomeni di eutrofizzazione e di effetti di tossicità sugli ecosistemi. Secondo il Rapporto sullo stato dell’ambiente 2013 redatto dal Ministero della protezione ambientale cinese, il 19,3% delle acque dei maggiori fumi cinesi ricade nelle classi di qualità IV e V – su una scala da I a V, dove V rappresenta lo stato di qualità peggiore. Queste acque possono essere quindi utilizzate esclusivamente per usi industriali e agricoli. Inoltre, il 9% delle acque dei fumi non ha i requisiti per essere classificata nemmeno nella classe V, escludendone qualsiasi uso a tutela della salute pubblica e dell’ambiente. Per quanto riguarda le acque sotterranee, sempre lo stesso rapporto indica che la qualità delle acque di falda è in continuo peggioramento dal 2011, con il 60% delle acque classificate di qualità “cattiva” o “molto cattiva” nel 2013, contro il 57% nel 2012 e il 55% del 2011. Da notare come questo deterioramento sia avvenuto nonostante l’entrata in vigore del Piano nazionale di prevenzione e controllo dell’inquinamento delle falde alla fine del 2011. Questa situazione risulta essere molto preoccupante, in quanto il 70% della popolazione cinese e il 60% delle città cinesi dipendono principalmente dall’acqua di falda per l’approvvigionamento dell’acqua potabile.
Anche lo stato di contaminazione dei suoli in Cina appare allarmante. A marzo 2014 sono stati resi noti i dati della prima indagine nazionale sulla contaminazione del suolo, realizzata fra 2006 e 2010 dal Ministero della protezione ambientale e dal Ministero del territorio. L’indagine ha interessato il 65,6% della superficie nazionale, incluse tutte le aree agricole del paese, oltre a 690 siti industriali, 81 siti industriali abbandonati, 146 parchi industriali, insieme ad aree di stoccaggio rifiuti, aree minerarie, eccetera. I risultati indicano che il 19,4% delle aree agricole non soddisfa gli standard ambientali di qualità del suolo, rischiando di ridurre ulteriormente la disponibilità pro capite di terra coltivabile, che in Cina è circa la metà della media mondiale. Tra i contaminanti riscontrati più frequentemente troviamo metalli pesanti quali cadmio, nichel, rame, arsenico, mercurio, ferro; composti organici come Ddt e idrocarburi policiclici aromatici. Il livello di cadmio, metallo tossico che viene facilmente assimilato dal riso, rispetto alla fine degli anni Ottanta è cresciuto del 50%. Inoltre, gli standard di qualità del suolo non vengono soddisfatti nel 36,3% dei siti industriali e nel 33,4% delle aree di miniera, dove il suolo è contaminato principalmente da idrocarburi policiclici aromatici e metalli pesanti. Stime conservative indicano che il numero di siti contaminati in Cina possa superare le 500.000 unità. Numerosi studi tuttavia suggeriscono che la situazione possa essere più preoccupante di quella presentata dall’indagine nazionale del 2014, indicando come il 65% di tutte le città cinesi presenti livelli alti o estremamente alti di contaminazione da metalli pesanti nei suoli e nelle strade urbane. Sebbene la disponibilità di informazioni riguardanti la contaminazione del suolo in Cina stia crescendo, anche per effetto della richiesta di maggiore trasparenza da parte di cittadini, media e società civile, al momento non esiste ancora un registro dei siti contaminati che possa facilitarne monitoraggio e gestione.
Il quadro complessivo della qualità ambientale in Cina non è dunque tranquillizzante. Ciò comporta crescenti preoccupazioni per i rischi sanitari causati da una contaminazione ambientale intensa e diffusa, unita a una crescente consapevolezza delle negative conseguenze socio-economiche del modello di sviluppo cinese. Il costo della mortalità causato dall’inquinamento atmosferico calcolato in percentuale rispetto al Pil evidenzia come la Cina abbia un costo molto maggiore (11% del Pil) rispetto ai 15 paesi responsabili della maggior parte delle emissioni di anidride carbonica a livello mondiale. Per quanto riguarda la contaminazione dell’acqua, si stima che circa 190 milioni di cinesi si ammalino ogni anno a causa dell’acqua contaminata e che circa 60.000 persone muoiano per malattie legate alla contaminazione dell’acqua, come tumori al fegato e all’apparato digerente. Si riporta inoltre la presenza di circa 450 “villaggi del cancro”, situati in aree rurali a elevatissimo inquinamento di origine mineraria e/o industriale, dove la percentuale di persone affette da tumori è molto superiore rispetto alla media nazionale.
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