La situazione sanitaria del Myanmar è da tempo critica. Sebbene sin dal 2012 il governo si fosse proposto di raggiungere una copertura di base delle spese sanitarie entro il 2020, di fatto il mercato sanitario privato si è ampliato e la porzione di spesa coperta direttamente dal cittadino (chiamata comunemente spesa out-of-pocket) ha continuato a essere del 74%, poiché i consumabili, le medicine, gli esami e alcune operazioni specialistiche e chirurgiche gravano direttamente sulle tasche del cittadino anche quando ricorre alla sanità pubblica. Il Myanmar è il paese del Sud-est asiatico con la spesa out-of-pocket più alta. Parallelamente, la sanità privata ha subito una repentina crescita negli ultimi decenni. La copertura dei servizi sanitari privati non è stata attuata allocando strutture sanitarie in base alle necessità della popolazione, ma piuttosto in base alle loro capacità di spesa. Questo ha significato un moltiplicarsi di cliniche private nei centri urbani e una quasi totale assenza di servizi sanitari nei territori rurali, dove si concentra il 70% della popolazione e l’87% della povertà nazionale. Questi territori marginali sono raramente interessati da investimenti socio-economici e infrastrutturali. Ad esempio, nel distretto di Kawthaung (zona in cui opera MedAcross ONLUS visitando gratuitamente la popolazione più svantaggiata) esiste una sola strada asfaltata nel raggio di 150 chilometri e la maggioranza degli abitanti vive in villaggi le cui strade sterrate sono impraticabili durante la stagione delle piogge.
Durante il lungo periodo di dittatura militare gli investimenti dedicati alla sanità si sono attestati tra i più bassi al mondo. E anche se dal 2012 il governo birmano ha sostanzialmente aumentato gli investimenti dedicati alla sanità pubblica, ancora nel 2018 solo il 4,8% del prodotto interno lordo del paese era dedicato al sistema sanitario nazionale e questo rende i salari dei medici che operano nelle strutture pubbliche molto esigui, spingendo i migliori professionisti verso il settore privato o l’estero. Si stima che gli ospedali pubblici e i centri di salute rurali operino con solo metà dell’organico necessario a gestire il numero dei pazienti. La situazione dei centri di salute rurali è particolarmente critica, essendo gestiti quasi esclusivamente da levatrici con competenze prevalentemente relative alla salute di base delle donne in gravidanza e dei bambini. Di fatto, la responsabilità sanitaria del 70% della popolazione nazionale è concentrata nelle mani di singole operatrici, senza l’ausilio di medici professionisti, di medicinali e di strutture adeguate.
In seguito al ritorno forzoso dei militari al potere in Myanmar il 1° febbraio 2021 si sono scatenate manifestazioni e scioperi protrattisi per mesi. L’astensione dal posto di lavoro ha coinvolto in primo luogo il personale sanitario, rendendo ancora più precaria la situazione sanitaria proprio in coincidenza con la pandemia di COVID-19. In un paese che attesta la più bassa aspettativa di vita tra le nazioni dell’ASEAN e dove il 32% dei cittadini vive al di sotto della soglia di povertà, i recenti sviluppi rendono particolarmente critica la sopravvivenza della fascia più povera della popolazione. Uno studio di UNDP sostiene che questa crisi potrebbe spingere metà della popolazione a vivere in condizioni di povertà già a partire dal 2022, tesi riconfermate dalle indagini delle ONG che operano in Myanmar che rilevano un rialzo del prezzo dei beni primari del 30-50% rispetto al 2020. Questi dati evidenziano il profondo stato di emergenza della popolazione birmana dal punto di vista politico, economico e sanitario.
Nella regione del Tanintharyi, lungo la costa meridionale del Myanmar, dove opera MedAcross, la situazione sanitaria è aggravata dalla carenza strutturale di personale sanitario, specialmente nelle aree rurali. Gran parte degli operatori della salute impegnati nella regione proviene da altre aree del paese, e coloro che hanno aderito alle proteste successive al golpe militare sono rientrati nei loro territori d’origine per prendere parte alle manifestazioni. Le autorità militari hanno rescisso i contratti ai dipendenti pubblici che hanno aderito alle proteste, impedendo loro di ritornare nelle case messe loro a disposizione dallo stato nei territori rurali. Per queste ragioni oggi nel distretto di Kawthaung quattro centri di salute su cinque sono chiusi, così come sono fermi i reparti di chirurgia e medicina di base dell’unico ospedale cittadino a gestione pubblica. L’area, che conta 116.980 persone, è tuttora totalmente scoperta dalla fornitura di servizi sanitari pubblici. Molte aree rurali sono rimaste quasi completamente isolate, senza poter nemmeno più contare sulla presenza delle levatrici, e le comunità economicamente fragili che vivono lontano dalle città non hanno goduto dei servizi sanitari più basilari come l’assistenza al parto e la medicina di base.
Medici, infermieri e levatrici continuano la dura battaglia di disobbedienza civile, rifiutando di prestare servizio nelle strutture dello stato e organizzandosi in comitati di operatori sanitari per fornire comunque assistenza alla popolazione che altrimenti non avrebbe accesso alle cure. Nonostante ciò, la chiusura dei presidi sanitari ha di fatto disincentivato la popolazione alla cura e annullato i pochi sistemi di prevenzione sanitaria attivi nel paese, soprattutto quelli relativi al coronavirus: i servizi e i controlli per limitare la diffusione del COVID-19 sono stati sospesi negli stessi mesi in cui la variante Delta metteva in ginocchio la vicina India e in cui paesi limitrofi come la Thailandia entravano in lockdown preventivo per evitare la diffusione del virus.
È difficile stabilire l’entità dei danni sanitari avvenuti in Myanmar a partire dal 1° febbraio perché il cambio politico repentino e le conseguenti proteste hanno creato frizioni nella comunicazione tra autorità centrali e locali, bloccando di fatto la burocrazia nazionale, con conseguenze evidenti sulle vite dei cittadini. Testimonianza di ciò sono le notizie tragiche e allarmanti che arrivano dalle grandi città del paese, Yangon su tutte, nelle quali le code a perdita d’occhio davanti a banche e ospedali non si disperdono mai, nemmeno in piena notte.
In questo complesso scenario, MedAcross, attiva in Myanmar dal 2016, ha cercato di dare quanto più possibile continuità ai servizi sanitari sul territorio: la clinica di Kawthaung è di fatto l’unico presidio sanitario gratuito della città e assiste ogni giorno decine di pazienti che non potrebbero altrimenti pagarsi le cure, soprattutto in un momento di forte instabilità e di crisi economica. Le attività della clinica mobile, grazie alla quale MedAcross raggiunge i villaggi più remoti con cure mediche gratuite, sono riprese a fine maggio 2021, quando le autorità locali hanno concesso a MedAcross l’autorizzazione a muoversi nei territori rurali per motivi sanitari. Le aree più remote, a quattro ore di auto o di barca dalla città, non ricevevano nessun tipo di assistenza da oltre tre mesi e la situazione che noi operatori abbiamo trovato ha purtroppo confermato alcune delle nostre peggiori paure: molti dei pazienti che avevamo in cura, alcuni tra i quali bambini, non sono sopravvissuti, mentre altri versavano in condizioni drammatiche. Tre mesi senza cure per persone con patologie gravi sono tanti, troppi da sostenere. Chi fa il nostro lavoro non può che vivere avvenimenti come questi come una sconfitta: MedAcross non si occupa solo della cura effettiva dei pazienti più poveri, ma lotta ogni giorno insieme ai birmani per abbattere gli ostacoli alle cure e rendere la salute un diritto per tutti.
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