Nello scorso mese di luglio i leader della Repubblica popolare cinese (Rpc) e della maggioranza dei paesi africani (ad eccezione di Burkina Faso, Gambia, Sao Tomé e Swaziland, che mantengono relazioni diplomatiche con Taiwan) si sono incontrati a Pechino per il quinto Forum sulla cooperazione Cina-Africa (Focac – Forum on China Africa Cooperation). Il Focac, tenutosi per la prima volta nel 2000, rappresenta la piattaforma tramite cui la Rpc pianifica le proprie politiche di cooperazione con i partner africani, sulle basi di un piano d’azione di durata triennale.
Le dichiarazioni d’intenti della Rpc durante l’ultimo Focac consentono di fare una riflessione più estesa sul ruolo di un paese che, pur definendosi “il più grande paese in via di sviluppo”, è oramai uno dei principali “nuovi donatori” nel panorama della cooperazione internazionale, nonché uno dei partner più rilevanti a livello economico e politico della gran parte dei paesi africani.
Il piano d’azione dell’ultimo Focac prosegue sulla falsariga delle edizioni precedenti del forum, i cui impegni sono stati in genere rispettati (una sintesi delle azioni principali è riportata in tabella 1), annunciando alcune misure specifiche assieme a molte promesse generiche. Per quanto riguarda le misure specifiche, si prevede per il triennio 2013-2015 l’erogazione di prestiti di natura concessionale per un ammontare complessivo di 20 miliardi di dollari (il doppio rispetto a quanto promesso durante il Focac del 2009); l’incremento del fondo di sviluppo degli investimenti a 5 miliardi di dollari; la formazione di 30 mila lavoratori africani e la concessione di 18 mila borse di studio; e, ancora, l’invio di 1.500 unità di personale medico nel continente. Inoltre, vengono prospettati nuovi impegni sul fronte dell’incremento degli aiuti, sulla riduzione delle tariffe commerciali, sulla cooperazione agricola e, per la prima volta, viene messa nero su bianco la volontà di cooperare con i paesi africani sui temi dei cambiamenti climatici e della protezione dell’ambiente.
I paesi africani aderenti al Focac, sono ritenuti da alcuni commentatori dei meri spettatori passivi ma, durante l’incontro di Pechino, il presidente del Sud Africa Jacob Zuma (il Sudafrica ospiterà la prossima edizione del Focac nel 2015) ha voluto mettere in evidenza l’insostenibilità di lungo periodo delle relazioni economiche della Cina. In effetti, gli scambi commerciali tra la Cina e l’Africa, che hanno registrato un vero e proprio boom tra il 2000 e il 2008 (anno in cui hanno superato i 100 miliardi di dollari, cfr. figura 1), mostrano un crescente squilibrio in favore di Pechino. La struttura dell’interscambio non consente ai paesi africani di ridurre la propria dipendenza cronica dalle esportazioni di materie prime, che pesano per circa il 92% del totale. Le esportazioni cinesi in Africa, d’altra parte, si concentrano sui beni manifatturieri; in particolare, beni a maggior contenuto tecnologico hanno assunto un ruolo crescente a scapito dei beni a elevata intensità di lavoro (tabella 2).
Anche gli investimenti cinesi in Africa sono aumentati in modo esponenziale dal 2000, subendo tuttavia una flessione all’apice della crisi finanziaria (figura 2). Essi hanno recentemente modificato la propria composizione settoriale (tabella 3): si registrano forti incrementi, in particolare, nelle infrastrutture e nelle comunicazioni, che beneficiano in parte degli aiuti e dei prestiti di natura concessionale, tra le cui condizioni vi è quella di agevolare gli investimenti di imprese cinesi.
Per quanto riguarda invece gli aiuti bilaterali, in assenza di dati ufficiali, è ad oggi impossibile stimare quanto effettivamente la Cina abbia donato ai paesi africani. In un “libro bianco” pubblicato nel 2011 è stato rivelato che gli aiuti cinesi fino al 2009 ammontavano a circa 40 miliardi di dollari, il 45,7% dei quali diretto in Africa, il maggiore destinatario davanti all’Asia che ne ha assorbito il 33% circa. Oltre all’assistenza tecnica per la realizzazione di infrastrutture, la Cina fornisce aiuti ai paesi africani secondo tre modalità principali: donazioni (specialmente in kind), prestiti a interessi zero e prestiti di natura concessionale. Questi ultimi, che sono i più frequenti, sono gestiti in prevalenza dalla Exim Bank. Tali prestiti non vengono conteggiati come veri e propri aiuti dato che i termini previsti per il rimborso non rientrano nella definizione di aiuto dell’Ocse, ma – anche alla luce dei nuovi propositi dell’ultimo Focac – fanno attualmente della Cina il maggior finanziatore dei paesi africani, ancora più di Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale.
Fino a che punto queste crescenti interazioni, oltre a riflettere l’interesse economico e l’ambizione internazionale della Cina, diano dei benefici ai partner africani è argomento di discussione. Di certo hanno ridotto la dipendenza dai paesi sviluppati, mentre gli investimenti cinesi hanno portato occupazione e nuove tecnologie. La posizione dei paesi africani nei confronti della Cina è comunque ancora debole. L’idea, sostenuta anche durante l’ultimo Focac, di allargare il tavolo delle negoziazioni al livello sub-regionale, sembra ragionevole per rafforzare il potere negoziale dei paesi africani più deboli.
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