Segnali di stabilità dall’economia cinese

Lo scorso 18 ottobre l’Ufficio nazionale di statistica cinese ha pubblicato i dati sulla situazione economica della Repubblica popolare cinese (Rpc) relativi al terzo trimestre del 2012. Il quadro è quello di una situazione in via di stabilizzazione, anche se – cifre alla mano – è improbabile un ritorno a ritmi di crescita analoghi al periodo pre-2008.

Nonostante si sia registrato un ulteriore declino del Pil rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno e la produzione industriale sia ancora in calo, i nuovi dati mostrano segnali incoraggianti in alcuni dei principali indicatori macroeconomici e monetari, i cui aggiornamenti sono sintetizzati nelle tabelle 1 e 2.

La crescita è rallentata nuovamente nell’ultimo trimestre, toccando il 7,4% su base annuale. Si tratta di un nuovo minimo rispetto ai due trimestri precedenti, che contribuisce alla riduzione della crescita media per il 2012, adesso al 7,7% (ma ancora al di sopra dell’obiettivo dichiarato del 7,5%). Anche le previsioni pubblicate dal World Economic Outlook di ottobre del Fondo Monetario Internazionale (Fmi) hanno rivisto al ribasso le stime di aprile di circa mezzo punto percentuale, proiettando la crescita al 7,8% per il 2012 e all’8,2% per il 2013. Secondo il Fmi, la causa di questo rallentamento è da ricercarsi in un insieme di fattori, tra cui la stretta creditizia dovuta al timore di una nuova bolla immobiliare; la scelta di ridurre gli investimenti pubblici ad un livello più sostenibile; e, soprattutto, il persistere di una debolezza della domanda internazionale che penalizza l’export. La produzione industriale continua a crescere più lentamente sia rispetto all’anno precedente (meno 6 punti percentuali), sia rispetto all’ultimo semestre (meno 0,5). Le dinamiche di investimenti e consumi non si sono ancora invertite, soprattutto a causa della debolezza della domanda (Figura 1). La crescita degli investimenti fissi è infatti rimasta stabile sui livelli dei mesi precedenti, e ben al di sotto dei valori degli anni più recenti. D’altra parte, non si osservano progressi significativi dal lato della domanda, come indicato dall’andamento fluttuante dell’indice delle vendite al consumo.

Infine, il contributo del commercio estero alla crescita appare una volta di più insoddisfacente, considerato che rispetto allo scorso anno le esportazioni sono cresciute solamente del 7,8%, un valore estremamente basso rispetto alla media (del 20% circa) dell’anno precedente. La crescita delle esportazioni è stata trainata dalla domanda dei paesi emergenti, e di quelli dell’Asean in particolare, mentre l’Unione europea ha registrato una contrazione delle proprie importazioni dalla Rpc di circa l’11% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Le importazioni, d’altra parte, sono cresciute ancor meno delle esportazioni – il 5% circa – anche a causa della riduzione dei prezzi delle commodities, contribuendo così ad un incremento del surplus commerciale.

Per quel che riguarda gli indicatori monetari, va segnalata una nuova lieve riduzione dell’inflazione rispetto al mese di agosto (-0,1 punto). Rispetto allo stesso mese dell’anno precedente l’inflazione si è attestata all’1,9%; l’ incremento totale dei prezzi nell’anno in corso è stato del 2,8% (il Fmi prevede un incremento del 3% per il 2012), ben al di sotto dell’obiettivo del 4% fissato dal governo lo scorso marzo. Questo rallentamento dell’inflazione è dovuto sia ad una riduzione dei prezzi dei generi alimentari (-10 punti percentuali rispetto allo stesso mese dello scorso anno), sia ad una stabilizzazione dei prezzi del settore real estate (Figura 2).

Infine, continuano a crescere il reddito pro capite della popolazione, specialmente di quella rurale, che ha registrato un incremento del 15,4% (il 13% per la popolazione urbana) rispetto all’anno precedente. L’incremento dei salari è stato del 16,9% (12,7% nelle aree urbane). Quello che si va delineando è quindi un quadro di progressiva stabilità e di crescita moderata. Nello specifico, sembra che la crescita piuttosto debole della domanda interna – nonostante la pressione sui prezzi si sia ridotta – non riesca a compensare la riduzione del peso del commercio estero e degli investimenti, spingendo la crescita economica verso livelli via via più bassi. A differenza del 2009, le politiche di stimolo da parte del governo sono state più contenute e si è ridotta l’esposizione del settore bancario, che ha messo in atto una stretta creditizia. Il centro dell’attenzione si sposta allora verso ciò che succederà nei prossimi mesi, una volta che la transizione politica sarà avvenuta. La nuova classe dirigente potrebbe puntare a una crescita più aggressiva, o continuare a perseguire l’obiettivo di uno sviluppo economico più sostenibile nel lungo periodo.

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