Da ottobre, alcune province della Cina occidentale, orientale e centrale stanno soffrendo per un’acuta siccità. Le province più colpite sono lo Shandong, l’Henan, l’Hebei, lo Shanxi, l’Anhui, il Jiangsu, lo Shaanxi e il Gansu. La People’s Bank of China (PBoC, la banca centrale del paese) ha annunciato che concederà dieci miliardi di yuan di nuovi prestiti alle istituzioni finanziarie di queste province, per sostenere l’acquisto da parte dei contadini di sementi, fertilizzanti e pesticidi, e per migliorare le infrastrutture nelle aree rurali.
La siccità sta infatti producendo conseguenze devastanti sui raccolti: come si vede dalla tabella sottostante, tra le aree più colpite (in rosso scuro) ci sono le province del Shandong, dell’Hebei e dell’Henan, che sono tra le principali produttrici di grano e di frumento.
Anche altre aree hanno recentemente sofferto: nella regione attorno a Wuhan, capoluogo dell’Hubei, le precipitazioni di gennaio sono state inferiori dal 50 al 75% rispetto alla media stagionale. Come noto, la desertificazione in Cina è un fenomeno in espansione: più di un quarto del territorio nazionale è desertificato (o in via di desertificazione) e, secondo un funzionario cinese citato dalla BBC, ci vorranno almeno 300 anni per reclamare la terra divenuta recentemente deserto.
La siccità contribuisce al rialzo dei prezzi: mentre l’inflazione su base annua a gennaio è stata del 4,9%, il livello più alto degli ultimi anni, i prezzi alimentari sono aumentati del 10,3 .Per combattere il fenomeno sono state adottate varie misure, tra le quali l’esenzione dal pagamento dei pedaggi autostradali per i mezzi su strada che trasportano gli ortaggi.
Poiché la Cina è il più grande produttore di frumento al mondo, la tendenza al rialzo dei prezzi alimentari mondiali potrebbe esserne ulteriormente rafforzata. Il food price index della Banca Mondiale è cresciuto del 15% tra ottobre 2010 e gennaio 2011 ed è inferiore solo del 3% al picco registrato nel 2008. Secondo l’analogo indice della Food and Agriculture Organization (Fao), invece, tale picco sarebbe già stato superato.
Secondo alcune analisi, questo fenomeno ha una forte componente di irrazionalità: nonostante alla fine del 2010 gli stock mondiali di frumento fossero del 40% più alti del livello del 2008, il prezzo dei cereali è aumentato sensibilmente in seguito alla siccità in Russia (con successiva proibizione delle esportazioni) e Ucraina, e agli scarsi raccolti, dovuti a eccessiva umidità e inondazioni, in Canada e in Australia. Più interessante è invece osservare il legame tra i prezzi delle materie prime (a cominciare dal petrolio) e i prezzi alimentari. La crescente domanda di cibo proveniente dai paesi emergenti (in primis, Cina e India) richiede una produzione agricola sempre più moderna e intensiva, che comporta a sua volta un maggiore utilizzo degli idrocarburi (ad esempio, più fertilizzanti, più combustibile per i mezzi agricoli).
John Gray, un filosofo della politica citato dal Financial Times in un articolo intitolato significativamente “Come il petrolio influenza i prezzi dei piselli in Cina” (trad. del redattore), ha affermato: “L’agricoltura intensiva è l’estrazione del cibo dal petrolio”. D’altra parte, la diffusione dei biofuel ha peggiorato la situazione: già nel 2007 si segnalava come la politica statunitense di sostegno all’etanolo avesse fatto schizzare verso l’alto il prezzo del grano.
Del legame tra prezzi delle materie prime e prezzi alimentari hanno discusso i grandi della terra al recente G20 finanziario di Parigi: tutti i governi (e a maggior ragione quello cinese), infatti, sono consapevoli della potenziale instabilità politica e sociale causata dalla diminuzione del potere d’acquisto alimentare delle proprie popolazioni (Egitto docet). A conferma dell’importanza del nesso tra i due fenomeni, un recente studio della Fao parla proprio della costruzione di sistemi integrati cibo-energia al servizio dello sviluppo.
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