Lodata a livello globale per la gestione della pandemia, Singapore mantiene alta la guardia nella lotta al COVID-19 e ha colto l’occasione per rilanciare strategie di lungo termine che preparino la propria economia al mondo che verrà. Il tutto mentre si apre una corsa interna alla leadership che influenzerà la vita politica della città-Stato per i prossimi decenni, e sullo sfondo di nuove sfide e sviluppi internazionali che Singapore dovrà affrontare con determinazione per consolidare la propria posizione sullo scacchiere globale.
La gestione della pandemia
A seguito di una scalata graduale, nell’aprile scorso Singapore ha detronizzato la Nuova Zelanda nella classifica dei migliori posti dove trovarsi durante la pandemia[1]. Stilata mensilmente da Bloomberg, la graduatoria si basa sull’analisi di dati e indicatori di cinquantatré delle maggiori economie mondiali, classificandole in base al loro successo nel contenere il virus con il minor impatto sociale ed economico possibile.
Per mesi, infatti, la città-Stato del Sud-Est asiatico ha registrato pochissimi casi di COVID-19, se si escludono i contagi all’interno dei dormitori dei cosiddetti “lavoratori migranti” – provenienti da Paesi vicini come l’Indonesia, l’India e il Bangladesh, che operano per periodi predeterminati principalmente nel settore delle costruzioni e che sono comunque soggetti a limitazioni di movimento per contenere la diffusione del virus – e i casi “importati”, cioè coloro che (quasi esclusivamente cittadini e stranieri con residenza permanente) risultano positivi al rientro a Singapore dall’estero, casi che generalmente vengono intercettati durante le due settimane di quarantena obbligatoria negli alberghi convenzionati dell’isola.
Tuttavia, a inizio maggio sono stati identificati nuovi focolai o cluster, probabilmente causati dalla cosiddetta “variante delta” e che hanno coinvolto anche lavoratori dell’aeroporto già vaccinati[2] che, al momento in cui si scrive, hanno portato il numero dei contagi a circa quindici/venti al giorno. Singapore ha reagito a stretto giro annunciando il ritorno a limitazioni più stringenti. Si è così passati, nel giro di poche settimane, da una condizione di quasi normalità a una versione leggera del “circuit breaker”, intelligente perifrasi per ciò che altrove è chiamato lockdown: ristoranti e molte altre attività al chiuso come palestre e saune chiusi, interazioni sociali limitate a gruppi di massimo due persone. Queste restrizioni sono durate circa un mese, per poi essere gradualmente allentate a metà giugno, con ristoranti e attività al chiuso nuovamente aperte seppur con due persone per tavolo.
Nonostante questi sviluppi, che hanno anche permesso alla Nuova Zelanda di riconquistare la vetta della classifica stilata da Bloomberg, la gestione della pandemia a Singapore è stata unanimemente riconosciuta come di prim’ordine. Merito di numerosi fattori. A livello di misure, hanno contribuito certamente le forti limitazioni ai viaggi internazionali, facilitate dalla suddetta quarantena e da frontiere naturali facili da sorvegliare, così come le stringenti regole di distanziamento sociale in locali e luoghi pubblici e un regime di tracciamento dei contatti tramite dispositivi elettronici (app negli smartphone oppure token dedicati), rigoroso e di fatto obbligatorio. Sembra che a permettere a Singapore di scalzare la Nuova Zelanda dal primato nel mese di aprile, tuttavia, abbiano contribuito soprattutto i progressi nel programma di vaccinazione, con oltre il 50% della popolazione di Singapore che ad oggi ha ricevuto almeno una dose del vaccino, laddove la Nuova Zelanda si sta muovendo più lentamente. Misure che sono state confermate e rilanciate a fine maggio dal Primo Ministro Lee Hsin Loong, che in un discorso alla nazione ha delineato la strategia per la prossima fase della lotta al COVID-19, finalizzata a “mantenere la popolazione al sicuro, mentre si riapre gradualmente”: i punti cardine restano il testing, il tracciamento e le vaccinazioni. “E dobbiamo fare queste tre cose più velocemente, e in maniera più estensiva”[3], ha aggiunto. E con il progredire delle vaccinazioni, come hanno comunicato i tre ministri che compongono la “COVID-19 Multi-ministry Task Force”, Singapore riuscirà convivere con il virus, allentando ancor di più le restrizioni e facendo riprendere i viaggi[4].
Una lettura più profonda, tuttavia, che va al di là delle misure operative, rileva come la pandemia a Singapore sia stata affrontata con serietà in maniera tempestiva: laddove in molti Paesi si credeva di affrontare una guerra lampo contro il virus, sin dall’inizio a Singapore le autorità hanno reso chiaro che i cittadini avrebbero dovuto convivere a lungo con il virus: “è una maratona, non uno sprint”, ha detto il Primo Ministro a giugno 2020[5]. Le autorità hanno rapidamente preso in considerazione la “fatica” da misure di distanziamento sociale, che le ha portate a distribuire nel tempo le restrizioni cercando di non sovraccaricare la popolazione. Insomma, una pianificazione strategica più ragionata e lungimirante, basata sugli indicatori scientifici e statistici a disposizione e rafforzata da una comunicazione cauta e mirata. Una ricetta il cui successo è reso possibile dalla qualità del governo di Singapore, composto da decisori pubblici che secondo le categorie occidentali definiremmo “tecnocrati”, ma anche da fattori quali la coesione sociale, la fiducia nelle istituzioni, oltre che la limitata estensione geografica. Singapore è infatti un’isola di circa settecentotrenta chilometri quadrati (collegata al sud della Malaysia da due ponti lunghi circa un chilometro), che rende controllo e sorveglianza più agevolmente gestibili in confronto ad altri Paesi.
Fattori che possono esser fatti derivare sia dal sistema politico di Singapore – in cui, ricordiamo, il potere politico è appannaggio di un unico partito (il Partito d’Azione Popolare – PAP) fin dall’indipendenza dalla Malaysia nel 1965 – sia, come alcuni hanno rilevato, da radici socio-culturali intrise di Confucianesimo, dove il gruppo sociale ha un valore gerarchico più elevato rispetto all’individuo, con tutte le conseguenti differenze di comportamenti individuali rispetto alle società occidentali. Tuttavia, ciò che funziona a Singapore potrebbe non essere efficace in altri contesti.
Il governo di Singapore ha ripetutamente sottolineato che il Paese deve riaprire per motivi di sopravvivenza economica e ha già iniziato ad allentare le restrizioni per i viaggiatori provenienti da alcuni luoghi come la Cina continentale e l’Australia. Il vero test sarà quando Singapore si riaprirà del tutto al resto del mondo.
L’outlook economico e politico
Anche la ripresa economica è sulla buona strada e lascia intravedere prospettive più rosee di quanto inizialmente pronosticato. Il 2020 è stato l’anno in cui Singapore ha vissuto la peggior recessione della propria storia, ma la crescita del PIL nel 2021 potrebbe eccedere il 6% secondo le previsioni, guidata anche e soprattutto da un rafforzamento della domanda esterna, ovvero la ripresa negli Stati Uniti e in Cina, che da sempre gioca un ruolo decisivo per la piccola economia di Singapore.
A ulteriore dimostrazione della prospettiva di lungo termine propria di Singapore, il governo di Lee Hsien Loong ha velocemente riadattato la strategia economica alle nuove sfide della post-pandemia. La manovra economica 2021, il cosiddetto Singapore Resilience Budget, delinea le direttrici di questa strategia e le misure economiche improntate a considerazioni chiare, quali ad esempio:
Le politiche per la ripresa economica, inoltre, si intrecciano anche con la corsa alla leadership politica di Singapore. Durante la pandemia, infatti, la vita politica di Singapore ha visto almeno tre fatti di rilievo. Primo, le elezioni generali del giugno dello scorso anno, tenutesi in piena fase acuta della pandemia e pochi giorni dopo l’apertura dal lockdown, hanno visto il PAP sì conquistare la quindicesima legislatura consecutiva dal 1959, ma anche ridurre il proprio consenso al 61% (risultato più basso dal 2011), che lascia spazio alla crescita – limitata ma significativa nel contesto di Singapore – delle opposizioni come il Partito dei Lavoratori.
Secondo, la pandemia ha di fatto allungato la vita dell’attuale leadership. Il Primo Ministro Lee, figlio del padre fondatore Lee Kuan Yew in carica dal 2004, aveva inizialmente intenzione di rimettere la guida del partito a breve termine, ma a causa dello scoppio della pandemia i piani sono cambiati e Lee ha ora deciso di lasciare il mandato solo quando la crisi sarà alle spalle, cioè non nel prossimo futuro.
Terzo, il successore designato di Lee, cioè il vice-Primo Ministro Heng Swee Keat, ha di recente annunciato la propria rinuncia alla futura leadership. Con Lee al potere per ancora qualche anno, infatti, Heng (60 anni) sarebbe troppo vecchio per avere una leadership significativa e duratura. Si è aperta così una corsa interna per la nuova leadership che dovrebbe durare, verosimilmente, per il prossimo anno e mezzo. È una sfida importante per il futuro della città-Stato, che per decenni è cresciuta economicamente in maniera impressionante grazie a una leadership politica chiara e forte, capace di ispirare fiducia gestendo con efficacia sia le sfide immediate sia i piani di lungo termine.
La situazione internazionale
Sul piano internazionale, la pandemia consegna uno scenario in cui Singapore rafforza di fatto le sue posizioni di leadership. In primis, si afferma sempre più come un hub per il business internazionale grazie alla continua dimostrazione di essere un partner neutrale e affidabile per gli investitori, con politiche coerenti e consistenti. I grandi driver dell’economia attuale e del futuro – tech, innovazione, sostenibilità – trovano a Singapore spazio e attenzione: qui ci sono il maggior numero di “unicorni tech” della regione: ad esempio, qui le start-up continuano ad avere una piattaforma dove trovare i capitali necessari per scalare le operazioni a livello globale.
A livello politico, c’è da navigare la relazione tra Stati Uniti e Cina. L’impressione è che le dinamiche ripristinate dalla presidenza di Joe Biden – multilateralismo, libero mercato e spinta verde – siano gradite alla piccola Singapore, che prima di tutto negli anni si è caratterizzata come interlocutore di tutti e che ha tenuto a mantenere relazioni positive sia con l’una sia con l’altra potenza; in secondo luogo, Singapore è un’economia che ha nel suo DNA una vocazione verde (la visione della “città-giardino” di Lee Kuan Yew); infine, la città-Stato si è affermata come organizzatrice di eventi multilaterali e quindi promotrice di dialogo.
Singapore si stava preparando per misurarsi proprio su quest’ultimo punto, con alcuni eventi di caratura globale che avrebbero dovuto avere luogo nella città-Stato: tra questi, i “dialoghi dello Shangri-La”, il World Economic Forum (WEF) e il New Economy Forum (NEF). Sono tre dei più importanti eventi delle élite internazionali che avrebbero riunito capi di governo, Ministri degli Esteri e della Difesa, CEO e rappresentanti delle istituzioni internazionali che discutono di sicurezza economia, clima, innovazione.
Dal 2002 i dialoghi dello Shangri-La, organizzati dall’International Institute for Strategic Studies di Londra, rappresentano il summit dedicato alla sicurezza internazionale più importante della regione dell’Asia-Pacifico, con ospiti da ogni angolo del mondo. Il World Economic Forum (WEF), summit che tradizionalmente si tiene nella cittadina svizzera di Davos, quest’anno era stato spostato a Singapore ed era previsto per agosto. Il New Economy Forum, organizzato da Michael Bloomberg, è giunto alla quarta edizione e si è rapidamente affermato come evento di caratura mondiale. I primi due eventi sono stati cancellati a causa degli sviluppi della pandemia in Asia, il terzo è rimasto in calendario ed è previsto per novembre.
Nonostante le cancellazioni, questi eventi sono anche vetrine mondiali che permettono a Singapore spingere in alto nell’agenda temi programmatici di proprio interesse. Testimoniano e rappresentano, cioè, il potenziale di leadership di una città-Stato che in pochi decenni ha stupito il mondo trasformandosi da “provincia” di un Paese in Via di Sviluppo a Stato indipendente capace di crescere, innovare e primeggiare, conquistandosi così una posizione strategica di hub internazionale sia per il Sud-Est asiatico sia per l’intera regione dell’Indo-Pacifico, una zona del globo dove gli equilibri di forza tra la Cina e gli Stati Uniti sono sempre più tesi perché è nel vicino Mar Cinese Meridionale che l’ambizione di Pechino si proietta sulla scena internazionale con più disinvoltura, causando l’irritazione di Washington e della comunità internazionale. Qui si giocano partite geopolitiche cruciali per il “secolo asiatico” e Singapore ha tutte le carte in regola per ritagliarsi un ruolo da protagonista.
Note bibliografiche
[1] Hong, J., Chang, R. e Varley, K. (2021), “The Best and Worst Places to Be as Variants Outrace Vaccinations”, Bloomberg, 26 aprile, disponibile online al link https://www.bloomberg.com/graphics/covid-resilience-ranking/.
[2] Wei, T.T. (2021), “Changi Airport COVID-19 Cluster Originated in Zone that Received Travellers from Higher-risk Places”, The Straits Times, 16 maggio, disponibile online al link https://www.straitstimes.com/singapore/health/changi-airport-cluster-originated-around-specific-zone-that-received-higher-risk.
[3] “PM Lee’s Speech in Full: COVID-19 Testing, Contact Tracing and Vaccinations to Be Ramped Up”, pubblicato in The Straits Times, 31 maggio 2021, disponibile online al link https://www.straitstimes.com/singapore/pm-lees-speech-in-full-covid-19-testing-contact-tracing-and-vaccinations-to-be-ramped-up.
[4] Hui Min C. (2021), “COVID-19 Task Force Shares Broad Plan for New Normal With Possible Home Recovery and Travel”, Channel News Asia, 25 giugno, disponibile online al link https://www.channelnewsasia.com/news/singapore/covid-19-task-force-co-chairs-broad-plan-new-normal-op-ed-15079872.
[5] Yun T.C. (2020), “Dealing With COVID-19 is ‘A Marathon, Not a Sprint’, S’pore Must Remain Cautious and Vigilant: PM Lee”, The Straits Times, 1° giugno, disponibile online al link https://www.straitstimes.com/singapore/dealing-with-covid-19-is-a-marathon-not-a-sprint-spore-must-remain-cautious-and-vigilant.
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