La Cina è il secondo paese non associato[1] più attivo in Horizon 2020, il programma quadro di ricerca e innovazione dell’Unione Europea giunto ormai alla sua fase conclusiva. Le organizzazioni cinesi partecipanti in progetti Horizon 2020, tuttavia, non possono ricevere contributi finanziari diretti dall’UE,[2] poiché questa considera la Cina un paese industrializzato[3] a tutti gli effetti.
Per superare questo ostacolo, e dunque rafforzare la partecipazione e allo stesso tempo promuovere un maggior numero di progetti di cooperazione tra partner europei e cinesi, la Commissione Europea (tramite la Direzione Generale Ricerca e Innovazione, di seguito DG RTD) e il Ministero della Scienza e Tecnologia cinese (MOST) hanno lanciato nel 2015 un meccanismo di co-finanziamento (CFM, da co-funding mechanism), successivamente rinnovato ed esteso fino al 2020.
Tramite il CFM, il MOST finanzia i costi di partecipazione di organizzazioni cinesi in progetti Horizon 2020, in ambiti di interesse comune e strategico, principalmente in tre aree denominate STI Flagship Initiatives: (i) industria alimentare, agricoltura e biotecnologie; (ii) urbanizzazione sostenibile; (iii) trasporti di superficie. Il requisito chiave per iniziare l’iter di co-finanziamento del MOST è dunque la previa approvazione di un progetto Horizon 2020 in cui il partner cinese è incluso ufficialmente tra i partecipanti del consorzio. L’ottenimento del co-finanziamento, tuttavia, dipenderà anche da un’altra serie di criteri definiti unilateralmente dal MOST (come descritto di seguito). I processi di pubblicazione dei bandi e di presentazione e valutazione delle domande, tuttavia, seguono tempistiche e procedure differenti tra UE e Cina. Lo schema ricostruito nella Figura 1 illustra l’iter di approvazione di entrambe le parti.
Figura 1. Funzionamento del CFM tra UE e MOST. Le celle in giallo rappresentano le fasi svolte congiuntamente tra UE e MOST; quelle in blu e in rosso rappresentano le fasi svolte unilateralmente da UE e MOST
Figura 2. Numero e budget medio progetti coordinati
Altri programmi di co-finanziamento sono in essere con il Ministero dell’Industria e delle Tecnologie dell’Informazione (MIIT, in materia di aviazione) e la National Natural Science Foundation of China (NSFC, in materia di biotecnologie per l’ambiente e per la salute), ma con procedure e funzionamenti diversi. Altri due meccanismi di co-finanziamento esistono anche a livello bilaterale tra Italia e MOST e tra Italia e NSFC. Questo articolo tratterà esclusivamente del meccanismo di co-finanziamento tra DG RTD e MOST.
Il ruolo dell’Italia nel CFM
Dal 2015 al 2018, 76 progetti hanno ricevuto un co-finanziamento dal MOST. L’Italia è il secondo paese per numero di progetti coordinati (8 su 76, quattro dei quali dall’Università di Bologna), preceduta dal Regno Unito (23 su 76); il budget medio dei progetti a guida Italiana, tuttavia, è tra i più bassi (poco meno di 5 milioni di euro per progetto, contro i quasi 9 milioni della Germania e i 14 del Belgio). Sono 103, invece, le organizzazioni italiane (circa un terzo delle quali aziende) partecipanti in consorzio come partner.
Criticità attuali del CFM
Da questi dati, da una stretta analisi dei bandi dal lato UE e cinese, nonché da una serie di incontri effettuati con fonti all’interno della UE e del MOST e con imprese e centri di ricerca europei operanti in e con la Cina, sono emersi una serie di problemi che limitano l’efficienza del CFM, riducendone l’impatto. I punti principali sono:
Queste problematiche fanno sì che molti consorzi rinuncino in partenza a preparare domande per un co-finanziamento dal MOST, preferendo limitarsi al budget percepito tramite Horizon 2020 (comunque nettamente superiore rispetto a quello eventualemente co-finanziato dal MOST, in linea di massima non superiore a 3 milioni di RMB per progetto, ossia circa 400.000 euro). Ciò rappresenta un limite notevole del CFM nel promuovere ed espandere la cooperazione UE-Cina in ricerca e innovazione.
Possibili miglioramenti in vista di Horizon Europe
Il programma quadro Horizon 2020 terminerà ufficialmente il 31 dicembre 2020, per essere seguito dal 1 gennaio 2021 dal nuovo programma quadro “Horizon Europe” (in vigore fino al 2027).[7] Con Horizon 2020, anche il CFM attuale tra DG RTD e MOST giungerà a termine. Nonostante sia ancora in fase di discussione, una percezione molto diffusa è che il CFM sarà probabilmente esteso almeno per i primi anni di Horizon Europe, ma riformato al fine di diventare più semplice, ambizioso e “automatico”.
Questo è anche quanto emerso dal quarto EU-China Innovation Cooperation Dialogue tenutosi ad aprile 2019 ai margini dell’EU-China Summit. Alcune possibili modifiche che potrebbero essere introdotte a tal fine sono:
Considerazioni finali e raccomandazioni per i policy-maker
Indipendentemente dalle forme che il CFM assumerà durante l’esecuzione del prossimo programma quadro Horizon Europe, ci sono degli aspetti che meritano delle considerazioni finali, considerando, tuttavia, che vi è ancora un anno prima della scadenza del CFM corrente e che vi sono tuttora topic aperti per presentare domande:
Il punto precedente implica una quache forma di condivisione o trasferimento della proprietà intellettuale sviluppata nell’ambito del progetto. Una “efficace e razionale ripartizione dei diritti di proprietà intellettuale tra i partner del consorzio” è, non a caso, uno dei criteri principali di valutazione delle domande per co-finanziamento del MOST. Nonostante le analisi di due diligence e le misure preventive che debbono essere sempre adottate, è bene notare che progetti co-finanziati non equivalgono necessariamente a trasferimenti forzati di proprietà intellettuale dall’Europa alla Cina: la normativa cinese viene applicata solamente alla proprietà intellettuale sviluppata nell’ambito del progetto (e non a quella preesistente). Sono inoltre numerosi i casi di gestione congiunta di brevetti (non solo interamente in Cina, ma anche, per esempio, dal partner europeo in Europa e dal partner cinese in Cina). Infine, tutta la proprietà intellettuale sviluppata nell’ambito del progetto apparterrà al consorzio e non al governo cinese come da molti, erroneamente, ritenuto.[10]
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[1] Un paese associato è un paese extra-UE che ha sottoscritto con la Commissione Europea un accordo di associazione ad Horizon 2020, grazie al quale potrà concorrere e partecipare in progetti Horizon 2020 sulle stesse basi giuridiche di entità UE. Attualmente vi sono 16 paesi associati (tra cui Norvegia, Svizzera, Israele e Turchia). Tutti gli altri paesi sono considerati paesi non associati: solamente quelli considerati non industrializzati e in via di sviluppo potranno ricevere contributi finanziari diretti dalla UE. Per maggiori informazioni su paesi associati e su Horizon 2020 si veda l’Url https://ec.europa.eu/programmes/horizon2020/.
[2] Tra i paesi non associati, solo quelli classificati dalla UE come non industrializzati potranno ricevere contributi finanziari diretti. All’indirizzo di seguito è disponibile la lista completa: https://ec.europa.eu/research/participants/data/ref/h2020/other/wp/2018-2020/annexes/h2020-wp1820-annex-a-countries-rules_en.pdf.
[3] European Commission and HR/VP contribution to the European Council. “EU-China – A strategic outlook”, 12 marzo 2019, disponibile all’Url https://ec.europa.eu/commission/sites/beta-political/files/communication-eu-china-a-strategic-outlook.pdf.
[4] Per esempio, il primo bando del 2019 dal lato cinese è stato pubblicato a fine aprile 2019 riferendosi a topic Horizon 2020 aperti a Ottobre 2018 e con scadenza a inizio 2019 (per call “single-stage”) e fine 2019 (per call “two-stage”). Questo significa che un consorzio dovrà attendere molti mesi prima di conoscere l’esito della propria domanda. Il bando del MOST è consultabile al seguente Url http://www.most.gov.cn/mostinfo/xinxifenlei/fgzc/gfxwj/gfxwj2019/201904/t20190423_146203.htm.
[5] Queste sono: ICT; smart e green manufacturing; energia pulita e moderna; tecnologie della salute; strumenti e apparecchiature per mari e oceani; pubblica sicurezza; spazio; grandi macchinari; nuovi materiali.
[6] Le uniche informazioni disponibili a riguardo risalgono ad un post del 2018 sulla piattaforma del MOST, disponibile all’Url http://service.most.gov.cn/u/cms/static/201806/26152711imll.pdf.
[7] Per maggiori informazioni su Horizon Europe, si rimanda all’Url https://ec.europa.eu/info/horizon-europe-next-research-and-innovation-framework-programme_en.
[8] Imprese italiane in Cina si qualificherebbero come persone giuridiche cinesi. Ci sono attualmente alcuni casi di imprese europee in Cina partecipanti a progetti Horizon 2020 come partner ufficiali e co-finanziati dal MOST. Un’altra pratica che sembra essere molto diffusa è quella di delegare le attività di amministrazione e gestione ordinaria del progetto dall’impresa in Europa alla sua società affiliata in Cina, senza che quest’ultima sia un partner ufficiale del progetto H2020 e co-finanziato dal MOST. O ancora, alcune aziende europee in Cina hanno apertamente dichiarato il loro impegno a supportare e sostenere startup cinesi con cui cooperano nel partecipare in progetti co-finanziati, malgrado loro stesse non siano direttamente coinvolte.
[9] Un esempio può essere tratto dal progetto H2020 NEURICE (grant agreement: 678168), di cui la Chinese Academy of Agricultural Sciences è partner ufficiale: il progetto ha l’obiettivo di identificare e introdurre nuove varietà europee di riso altamente produttive e stabili. Un altro esempio è il progetto URBAN Green UP (grant: 730426), partecipato dall’amministrazione della zona industriale e high-tech di Chengdu, il quale prevede attività di dimostrazione in cinque città europee per creare nuove opportunità di mercato per aziende europee. Entrambi i progetti non portano benefici diretti alla Cina e (presumibilmente) per questa ragione non hanno ricevuto co-finanziamento dal MOST.
[10] Secondo la Legge sul Progresso Scientifico e Tecnologico, la Cina si riserva il diritto ultimo di poter disporre e utilizzare proprietà intellettuale sviluppata con fondi statali in caso di crisi ed emergenze nazionali. Nessun episodio simile è stato tuttavia riscontrato dal 2003 durante la crisi della SARS, e a detta di molte aziende europee in Cina questo non rappresenta un ostacolo insormontabile alle loro attività di ricerca e sviluppo nel paese.
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