[ThinkINChina] Dalla luna di miele al disincanto: la Cina e l’Unione europea

ThinkINChina è un’“open academic-café community” attiva a Pechino, luogo di dibattito tra giovani ricercatori e professionisti di varia provenienza impegnati nello studio della Cina contemporanea.

 

Dieci anni fa, nell’ottobre del 2003, l’Unione europea e la Cina siglavano un Partenariato strategico e la Cina rendeva pubblico il Documento programmatico sulla politica verso l’Ue, il primo nella storia della Rpc a illustrare la linea d’azione del governo cinese nei confronti di un altro attore internazionale. Si celebrava così il coronamento della rapida espansione dei legami politico-istituzionali e dei dialoghi economici settoriali tra Pechino e Bruxelles in corso dal 2001. A parlare di “luna di miele” nei rapporti sino-europei fu allora la prof. Zhou Hong, direttrice dell’Istituto di studi europei della Chinese Academy of Social Sciences (Cass) e ospite di ThinkIN China per l’evento di maggio 2013.

I primi anni del nuovo millennio portarono in effetti un significativo avvicinamento tra la Cina e l’Unione europea, proprio mentre le relazioni transatlantiche subivano un temporaneo deterioramento in gran parte dovuto alle divergenze sulla strategia Usa della “guerra al terrore” e sul conflitto in Iraq. La Cina era da poco entrata a far parte dell’Organizzazione mondiale del commercio (Omc) e il successo dell’unione monetaria europea faceva sperare in una prossima fase di integrazione politica e istituzionale. Ue e Cina si trovarono così a condividere – in maniera più o meno velata – una certa preoccupazione per l’unilateralismo americano e ad auspicare la riconfigurazione del sistema internazionale in chiave più compiutamente multipolare.

Come in molti matrimoni però, all’euforia della luna di miele subentrò presto la fase della disillusione reciproca. Tra il 2006 e il 2007 emersero nuove ragioni di attrito: il deficit commerciale dell’Ue nei confronti della Cina raggiunse i 160 miliardi di euro nel 2007 (il 25% in più dell’anno precedente), Bruxelles si allineò con Washington iniziando a premere per una rivalutazione del renminbi, e iniziarono a sorgere le prime dispute sulla qualità dei prodotti importati dalla Repubblica popolare. L’ira cinese scatenata dagli incontri della Cancelliera tedesca Merkel e del Presidente francese Sarkozy con il Dalai Lama e le dimostrazioni pro-Tibet che attraversarono l’Europa alla vigilia delle Olimpiadi di Pechino (2008) contribuirono al raffreddamento dei rapporti bilaterali. La crisi finanziaria globale ed europea ha poi portato con sé quello che Johnathan Holslag ha definito “la grande disillusione”: molti “China watchers” che avevano predetto la nascita di un nuovo asse mondiale Bruxelles-Pechino, dovettero riconoscere il fallimento della politica europea di cooperazione combinata a una condizionalità soft in materia di diritti umani, libero commercio, democrazia e rule of law.

Durante la crisi del debito sovrano europeo, i leader cinesi hanno mantenuto ufficialmente un tono solidale e un atteggiamento tendenzialmente positivo, in linea con il tradizionale sostegno per un’Europa più forte e più unita. Con il tempo però è apparso chiaro come le percezioni cinesi siano mutate: il capo della delegazione cinese presso l’Ue Ding Yuanhong non ha mancato di sottolineare l’evidente tendenza alla disunione in Europa e alla centralizzazione delle decisioni nelle mani di Parigi e Berlino, mentre Feng Zhongping del China Institutes of Contemporary International Relations (Cicir) ha notato come la crisi abbia reso l’Ue un “polo incompleto e squilibrato” sullo scenario internazionale. Alla luce dei mutati rapporti di forza determinati dalla crisi europea, sembra poi emergere una tendenza da parte cinese a porre nuove condizioni in cambio del sostegno finanziario di Pechino, dall’attenuazione delle critiche in materia di diritti umani alla richiesta di riconoscimento anticipato dello status di economia di mercato alla Cina.

In questo scenario Zhou Hong colloca quella che definisce la sfida più grande per le relazioni sino-europee: la comprensione della complessità. È vero, infatti, che la Cina ha grandi difficoltà a comprendere i meccanismi di funzionamento dell’Unione europea, sovente frammentati e articolati (spesso in maniera discordante) a livello statuale e a livello dell’Unione. Da parte loro, invece, gli Stati europei accusano la Cina di approfittare di queste asimmetrie nella governance europea a proprio vantaggio, giocando con le rivalità tra i vari membri e investendo in modo selettivo in titoli di stato europei nell’ottica di un cinico “scramble for Europe”.

In realtà, la narrazione di una Cina che opera secondo le logiche del divide et impera nel Vecchio continente è solo parte della storia: se è vero che la Cina ha visto (e colto) delle opportunità economiche in un’Europa messa in ginocchio dalla crisi e dalla lentezza delle istituzioni europee di fronte ad essa, è anche vero che gli Stati membri si sono spesso prestati a questo gioco per perseguire i propri interessi nazionali a discapito dell’Unione, in quella che Zhou Hong ha definito una shuanghuang (双簧), una parodia teatrale cinese in cui uno dei due attori recita con i gesti mentre l’altro, nascosto dietro di lui, parla dicendo tutt’altro.

Allo stesso tempo, tuttavia, poiché la comprensione della rispettiva complessità politica, sociale e culturale rappresenta un passaggio-chiave per il rilancio delle relazioni tra Pechino e Bruxelles, la Cina deve porre fine alla tradizionale liturgia ufficiale che incolpa i media occidentali di dare un’immagine volutamente distorta in senso negativo della Rpc. La stessa Zhou Hong, reiterando la formula del “voi [l’Occidente] non ci comprendete [la Cina]” resta vittima di quella che è stata definita da Gustaaf Geeraerts la doppia identità cinese, cioè “una strana combinazione tra senso di superiorità e senso di inferiorità”, frutto sia della storia che dell’eredità culturale cinese legata alla tradizione imperiale e confuciana. Tale dualismo identitario porta la Cina a considerarsi a tratti come una grande potenza in ascesa e meritevole di rispetto, a tratti come un paese in via di sviluppo, relativamente debole e vittima di un sistema creato dall’imperialismo occidentale. Ed è proprio da qui che scaturiscono l’ipersensibilità alle critiche dei media occidentali e allo stesso tempo la difficoltà a promuovere un’agenda di soft power cinese nel mondo, e soprattutto in Europa.

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