Il tramonto della Reformasi? Il risultato elettorale in Indonesia tra dinastie politiche e compattezza della vecchia élite

Introduzione

Il 2024 è stato sovente definito l’anno elettorale. L’esercizio di tale pratica si è svolto, e si svolgerà, in paesi molto diversi tra loro in cui le sfumature del concetto di democrazia aprono squarci di discussione sulla narrazione della stessa. A ogni paese è però destinato uno spazio diverso agli occhi dell’opinione pubblica mondiale. Il voto di novembre negli USA potrebbe rappresentare uno spartiacque nel futuro ordine globale e le possibili elezioni anticipate in Israele potrebbero trasformare l’evoluzione della crisi a Gaza. Nel frattempo, se il più che prevedibile plebiscito “Putiniano” ha comunque catalizzato l’attenzione in relazione alla ormai biennale guerra ucraina e le lunghe elezioni indiane stuzzicano la curiosità grazie all’enorme popolazione, il voto del 14 febbraio in Indonesia, nonostante l’importanza strategica dell’area, non ha ricevuto l’adeguata copertura dai media italiani.

La terza democrazia più popolosa al mondo ha portato oltre duecento milioni di possibili votanti a scegliere, nello stesso giorno, il proprio presidente e vice presidente, i rappresentanti nazionali e quelli regionali, mettendo in moto una mastodontica macchina elettorale che, per la sua stessa natura, è risultata non priva di imperfezioni e molto difficile da gestire. Il solo conteggio dei voti, come spesso accaduto in passato, è stato un processo estenuante e ha causato la morte di molti scrutatori[1]. I tre candidati alla presidenza, nonostante le ovvie divergenze (ma anche molte affinità), avevano in comune l’aver collaborato in qualche modo con il Presidente uscente Joko Widodo (spesso abbreviato in “Jokowi”).

Anies Baswedan[2], espressione insieme al suo vice Muhaimin Iskandar della Koalisi Perubahan (Coalizione per il cambiamento), era stato Ministro dell’Istruzione nel primo governo Widodo. Ganjar Pranowo[3], candidato per il gruppo Kerja sama Partai Politik (Alleanza dei Partiti) è una figura eminente del Partito Democratico di Lotta guidato da Megawati Sukarnoputri – lo stesso partito di Jokowi, almeno fino al 2023 – mentre il suo vice Mahmfud Md aveva svolto la funzione di Ministro per gli Affari politici, legali e per la sicurezza durante l’ultimo governo. La terza coppia di candidati è quella maggiormente legata al presidente uscente: infatti, il controverso ex generale Prabowo Subianto[4], sconfitto nelle due elezioni precedenti, era stato poi nominato Ministro della Difesa. Il suo vice, Gibran Rakabuming Raka, è addirittura il figlio maggiore di Joko Widodo[5].

Tale ingombrante influenza ha indubbiamente condizionato il risultato delle elezioni portando alla vittoria al primo turno proprio la coppia Prabowo-Gibran con uno schiacciante 58,6%, mentre gli sfidanti hanno raggiunto percentuali molto più basse; un sorprendente 24,9% per la coppia Anies-Muhaimin, considerati svantaggiati al momento della candidatura, e un misero 16,5% per la coppia Ganjar-Mahfud nonostante gli stessi siano espressione del partito con più seggi in parlamento[6]. Solo la particolare composizione della nuova Camera dei Rappresentanti potrebbe in effetti creare qualche problema al neoeletto Prabowo, anche se i governi precedenti sono sempre riusciti a ricucire perfino con i partiti apparentemente più contrari alle forze di maggioranza[7].

L’analisi di tale risultato porta a considerazioni complesse sullo stato della democrazia in Indonesia, sul futuro politico dell’arcipelago e sull’impatto del passato sull’attuale classe dirigente del paese. Continuità, invarianze e, possibili ma non certe, involuzioni autoritarie sono parte del quadro politico, ma allo stesso tempo l’attuale situazione appare il risultato di un lento processo di “riaccentramento” del potere che potrebbe comportare la fine di un sogno iniziato nel maggio del ’98 con la caduta di Suharto e l’inizio della stagione riformatrice[8]: il sogno della Reformasi[9].

 

Un nuovo autunno dopo una breve primavera

Nell’ottobre del 1999, a sugello del tentativo riformatore iniziato l’anno precedente con la caduta del generale Suharto, e operato in gran parte dal suo ex vice Habibie, ci fu la libera e indiretta elezione del presidente, per la prima e ultima volta nella storia della Repubblica Indonesiana. Il neoeletto Abdurahman Wahid (Gus Dur), emblema di un islam moderato e in contrapposizione al regime militare, si affrettò a nominare come vice Megawati Sukarnopoetri, figlia del primo leader nazionalista Sukarno ed espressione di quel PDI-P (Partito Democratico di Lotta) che tanta parte aveva avuto nella fine del vecchio potere suhartiano. Nonostante il progressista Gus Dur fosse stato costretto a lasciare la sua carica dopo solo due anni per impeachment, sostituito proprio da Megawati, quei primi sei anni di libertà politica fino al 2004 sembrarono, forse troppo ottimisticamente, l’inizio di una nuova primavera per la democrazia indonesiana[10].

L’arcipelago usciva da oltre 32 anni di dittatura militare, soltanto celata sotto una pseudo democrazia, che per ben sei volte aveva portato gli indonesiani alle urne, lasciandoli scegliere tuttavia un unico candidato presidente, Suharto, e tra soli tre partiti considerati legali[11]. I generali al potere avevano inoltre elaborato un singolare teoria, definita dagli stessi “floating mass”, che affermava l’urgenza per il popolo indonesiano di attivarsi solo ed esclusivamente per lo sviluppo economico abbandonando qualsiasi velleità politica[12]. Era per di più vietato ai due partiti di opposizione svolgere opera di proselitismo in periodi diversi dalle elezioni mentre il tesseramento al partito di governo, il Golkar, risultava un obbligo per i dipendenti pubblici e tanti altri cittadini. La distruzione fisica ed ideologica del Partito Comunista Indonesiano, che era stata alla base dell’ascesa di Suharto e dei militari nel 1965, aveva rappresentato la precisa volontà del cosiddetto Nuovo Ordine[13] di escludere il popolo dalla politica attiva[14].

Qualche anno prima, nel 1955, si erano tenute le prime libere elezioni nel paese da poco diventato indipendente dopo oltre tre secoli di dominio coloniale olandese. Tale esercizio democratico era stato salutato all’interno e all’esterno dell’arcipelago con grande entusiasmo[15]. Nello stesso anno della Conferenza dei paesi Afro-Asiatici di Bandung gli indonesiani erano riusciti ad eleggere liberamente il proprio parlamento ed avviare un discorso costituzionale democratico e progressista. Purtroppo fu solo un barlume di luce che fu presto spento da Sukarno prima e, definitivamente, da Suharto poi[16].

Coloro che lottarono per la Reformasi nel 1998 costituivano il prodotto peculiare di entrambi questi periodi, memori inconsciamente di un breve momento di apertura e dibattito politico, ma anche vittime di trent’anni di dittatura e di repressione culturale[17].

Gli anni della transizione dallo strapotere suhartiano alla nuova Indonesia non conobbero, come accaduto altrove, un processo di autocritica della classe dirigente. Suharto morì nel proprio letto dieci anni dopo, la sua famiglia e i suoi accoliti non persero le proprie ricchezze, i militari a lui vicini, uno su tutti il neoeletto Prabowo (ex-genero del dittatore), non subirono incriminazioni per le atrocità commesse negli anni del regime[18]. Senza queste premesse oggi non ci potremmo mai trovare di fronte ai risultati che abbiamo esposto: sottolineare dunque l’evoluzione dell’élite del paese serve a comprenderne l’attuale natura.

Nel 2004, invece, ci fu la prima libera e democratica elezione diretta del presidente. La vittoria dell’ex generale Susilo Bambang Yudhoyono non rappresentò una sorpresa, ma covava i primi indizi di una controtendenza nella società post-reformasi[19]. Di nuovo un militare, anche se non appoggiato ufficialmente dal vecchio establishment, avrebbe dovuto far torcere il naso ai tanti attivisti che avevano pagato in prima persona la contestazione al vecchio regime; invece i dieci anni di Yudhoyono sono scivolati via lentamente e quasi senza intoppi, tutti incentrati di nuovo sullo sviluppo economico (ma caratterizzati da una finale stagnazione) e sulla riorganizzazione di una comunità in fermento[20]. In fondo aveva sconfitto proprio Megawati e Prabowo, simboli del vecchio potere, sukarniano l’una, suhartiano l’altro.

Ma è forse il 2014 l’anno della grande illusione. Un outsider indipendente, imprenditore di successo, con alle spalle una breve carriera politica come sindaco di Solo e governatore di Jakarta, si ergeva a rappresentante progressista delle nuove istanze della società indonesiana. Considerato da più parti come una figura completamente distante dalla vecchia élite economica e militare, e libero da condizionamenti di sorta, Jokowi avviava la sua ascesa politica tra grandi speranze, e incaute certezze, delle forze democratiche mondiali. Fu ad ogni modo fondamentale l’appoggio di Megawati e del PDI-P ha garantirgli, almeno nella prima fase, il ticket per la presidenza[21]. Ancora risuonano inespresse le grandi promesse del suo programma Nawacita (I nove obiettivi), in cui Widodo prospettava un roseo futuro dove, oltre alla crescita economica, venissero garantiti i diritti sociali e fossero finalmente avviati quei processi di autocritica e ricostruzione storica per quanto concerne le gravi violazioni dei diritti umani compiute nella seconda parte del novecento. Il governo decennale dell’astro nascente del progressismo asiatico è stato invece caratterizzato da una paziente opera di accumulazione del potere. Jokowi è riuscito negli anni a divenire il nuovo “Kingmaker” della politica indonesiana, oltre a elaborare una nuova forma di populismo, utilizzando tutti gli strumenti che aveva a disposizione e non disdegnando accordi con gli avversari di un tempo[22].

 

Una nuova dinastia politica

L’iniziale immagine progressista, nonostante i notevoli traguardi raggiunti in economia, nello sviluppo delle infrastrutture e nella creazione di strumenti di welfare[23] in grado di raggiungere uno strato più ampio della popolazione, è stata macchiata negli ultimi anni da un malcelato intento di costruire una propria dinastia politica che, al di là delle dichiarazioni ufficiali, possa permettere a Jokowi di continuare il suo progetto di Indonesia (si veda ad esempio la volontà di abbandonare Jakarta e costruire una nuova capitale nella regione del Kalimantan), ma allo stesso tempo gli consenta di avere, almeno apparentemente, un controllo pressoché totale della vita politica dell’arcipelago[24].

Conscio di non avere possibilità nel breve termine di concorrere per un terzo mandato, già dall’anno scorso, si è mosso per inserire i propri familiari in posti chiave del panorama politico. Se l’elezione del genero a sindaco di Medan ha avuto un peso relativo nell’immaginario indonesiano e l’ascesa del suo terzogenito, Kaesang Pangarep, a segretario del piccolo Partito della Solidarietà è stata letta come il tentativo di crearsi una propria forza partitica, la candidatura a vice presidente del primo figlio Gibran si è rivelata il segno evidente della precisa volontà di Jokowi di incidere sul futuro del paese. Tale candidatura ha costituito inoltre una forzatura alle leggi indonesiane in quanto Gibran non aveva l’età minima per la nomina ma la commissione incaricata, guidata proprio dal cognato di Widodo, è riuscita, con un’azione ad hoc al limite del legale, a consentirla[25].

Il cosiddetto “effetto Jokowi” ha impattato prepotentemente sui risultati delle elezioni: la sua enorme influenza, calcolata intorno all’80% di gradimento tra la popolazione, ha spostato nettamente l’ago della bilancia verso la compagine Prabowo-Gibran[26] e ha consacrato Widodo come il vero arbitro della vita politica indonesiana[27]. A nulla sono valsi i richiami dei media liberali e dell’accademia, ancor meno sono serviti gli attacchi dei suoi vecchi alleati, e inutile è stata la messa in onda del film-documentario Dirty Vote in cui veniva denunciato l’uso di fondi pubblici per condizionare l’esito delle elezioni in favore della coppia appoggiata dal presidente[28]. Jokowi ha dimostrato di poter spostare gli equilibri elettorali, di poter disporre, indipendentemente dai partiti, di una vasta rete di sostenitori, ma soprattutto di poter interrompere vecchie alleanze senza pagarne il conto e stringerne di nuove da posizioni di forza.

 

Una sconfitta definitiva per Megawati?

I principali vecchi alleati di Jokowi, espressione del partito con più seggi in parlamento, guidati dalla figlia di Sukarno Megawati e dal candidato presidente Ganjar Pranowo, si sono ritrovati nell’arco di pochi mesi dall’avere il tacito appoggio del leader indonesiano a doversi confrontare con lo stesso in uno scontro elettorale dagli esiti infausti[29].

Fino al giugno del 2023 Ganjar si era presentato come un fedelissimo sia di Megawati sia di Widodo, convinto di avere in tasca la vittoria proprio grazie all’appoggio del popolarissimo presidente[30]. La notizia della candidatura ufficiale di Gibran, nell’ottobre dello stesso anno, ha comportato una netta discesa nei sondaggi di un personaggio che, per quanto avesse raggiunto discreti risultati come governatore di Jakarta, non era stato esente da accuse di corruzione (riproposte negli ultimi mesi) e non poteva concorrere esclusivamente con la propria forza alla più alta carica dello stato[31]. Pranowo era stato più volte bersaglio di critiche durante il suo mandato ed era salito alla ribalta dei media internazionali per aver boicottato Israele nella fase di preparazione del campionato mondiale di calcio giovanile, facendo così perdere la possibilità all’Indonesia di ospitarlo[32]. La misera percentuale del 16,5 %, in contrasto con la grande quantità di voti ottenuta dal suo partito, è parsa la dimostrazione dell’inadeguatezza della nomina di Pranowo come candidato senza l’appoggio del presidente uscente.

È tuttavia Megawati che sembra aver incassato la sconfitta peggiore. Il tradimento di Jokowi, e il conseguente risultato delle elezioni, hanno portato con sé la consapevolezza della perdita di potere da parte della leader del PDI-P[33]. La stessa Megawati, che non si era privata del tentativo di creare, senza successo, una propria dinastia politica tentando di candidare la propria figlia Puan[34], è stata travolta dall’esito del voto ed è ora costretta a negoziare con il neoeletto Prabowo, forte solo dei propri seggi in parlamento e condizionata dal deteriorato rapporto con Widodo[35].

Il Partito Democratico di Lotta, a meno che stringa nuovi accordi, non così improbabili, si troverà per la prima volta dopo dieci anni fuori dalla maggioranza di governo, orfano per di più dell’autorevolezza del presidente uscente e costretto ad una riorganizzazione in seguito alla sconfitta. Il solo strumento in mano al partito di Megawati, capace di costituire un’arma potente per contrastare i vincitori, dovrebbe essere il suo ruolo di anti-establishment fin dai tempi di Suharto, ma senza un radicale programma di cambiamento questa forza politica potrebbe facilmente essere fagocitata dal nuovo equilibrio creato da Jokowi. La prospettiva di una nuova polarizzazione politica tra PDI-P, insieme con il mondo accademico e i media liberali, e la nuova élite di Widodo, in realtà figlia della vecchia oligarchia suhartiana con Prabowo alla guida, è una possibilità ma non una certezza[36].

Il rischio di una deriva autoritaria e la compattezza della “vecchia” élite

L’agognata vittoria di Prabowo Subianto, conseguita a 72 anni dopo diversi tentativi, non è però meramente il risultato delle azioni di Jokowi. Anzi, quest’ultimo ha compreso avvedutamente che senza inserirsi nel gioco del vecchio establishment suhartiano non avrebbe potuto conservare senza insidie la propria ascendenza. L’ex generale dall’oscuro passato ha approfittato proprio dei suoi vecchi legami per raggiungere quel risultato cercato per anni. L’appoggio di una miriade di figure imprenditoriali e militari del Nuovo Ordine ha costituito una garanzia per il trionfo elettorale di Prabowo, ma anche un presagio nefasto per l’eredità della Reformasi. Dai generali Wiranto e Moeldoko all’ex presidente Yudhoyono, dagli imprenditori Panjaitan, Tohir e Aburizal Bakrie fino alla sua ex moglie Titiek Suharto, questa lista di esponenti della vecchia oligarchia in appoggio al futuro presidente, con l’aggiunta della cerchia di Joko Widodo, farebbe impallidire le vittime delle repressioni del ’98[37].

I continui riferimenti di Prabowo al suo rapporto con Suharto[38] e, forse ancor più grave, la proiezione durante la campagna elettorale di un video generato da un’applicazione di intelligenza artificiale che riproduceva il vecchio dittatore intento a promuovere il Golkar, partito che appoggiava il suo ex genero[39], sono sintomi di una pericolosa propensione nostalgica verso il vecchio regime. Il rischio di una deriva autoritaria in stile Nuovo Ordine appare, almeno per adesso, improbabile, ma l’esercizio di una lieve forma di più subdolo autoritarismo, praticato quotidianamente attraverso strumenti meno appariscenti, e riscontrabile già negli ultimi anni, non è così lontano dalla realtà.

Il vero pericolo per la democrazia, al di là delle pur preoccupanti affermazioni di Prabowo (una su tutte quando ha definito il processo democratico costoso e stancante)[40], è tuttavia da ricercare proprio nell’influenza di quella compattissima oligarchia in grado, già negli anni di Jokowi, di condizionare le scelte politico-economiche del paese sacrificando i diritti in nome di maggiori profitti appannaggio di una ristretta cerchia di associati[41].

Conclusioni: un problema di memoria e l’attesa di nuove forme di opposizione

L’evoluzione della politica indonesiana dal ’98 ad oggi costringe tutti gli osservatori a porsi non semplici interrogativi sulla vera natura del processo di riforme avviato dalla caduta di Suharto, ma anche sulla struttura della attuale società dell’arcipelago.

La vittoria del generale Prabowo e l’enorme forza dell’oligarchia suhartiana possono essere interpretate solo attraverso la lente della storia, ma è proprio la mancanza di memoria storica che ha facilitato il processo in atto. Il paese, che si appresta a divenire una potenza politico-economica mondiale, ha un’enorme popolazione con un’età media abbastanza bassa. La maggioranza dei giovani elettori non ha ricordi del regime suhartiano e dei relativi abusi di Prabowo mentre i loro genitori hanno subito per decenni un indottrinamento costante. Proprio non aver fatto i conti con la propria storia risulta il problema principale nell’odierna Indonesia: defraudare le giovani generazioni di una coscienza critica circa il passato significa privarli degli strumenti per affrontare le sfide del presente e del futuro.

Non sarà la presunta polarizzazione tra diverse élite a salvare il paese, ma solo l’ascesa di nuove, e più coscienti, forze di opposizione in grado di ereditare e rielaborare quelle idee alla base della Reformasi, che appare invece oggi sempre più vicina al proprio tramonto.


[1] Salim, N. (2024). “More than 100 officials died after the worlds biggest single-day election”, ABC News, 7 marzo, disponibile online al sito: https://www.abc.net.au/news/2024-03-08/more-than-100-indonesian-officials-died-after-election/103522018

[2] Sulla figura di Anies Baswedan e il suo legame con il mondo musulmano e arabo-diasporico si rimanda all’articolo presente in questo numero di Sausa, L. (2024). “La traiettoria politica di Anies Baswedan tra spazio diasporico e moderatismo”, in RISE, Vol. 9, n. 1, pp. 27-35.

[3] Petty, M. (2024). “Who is Ganjar Pranowo, PDIP-backed Indonesian presidential hopeful?”, Reuters, 12 febbraio, disponibile online al sito: https://www.reuters.com/world/asia-pacific/indonesias-ganjar-faces-battle-overcome-jokowis-election-betrayal-2024-02-08/

[4] Sulla figura di Prabowo Subianto e il cambiamento di percezione della stessa nell’immaginario collettivo si rimanda all’articolo presente in questo numero di Donzelli, A.  (2024) “Prabowo Subianto e il nuovo volto gemoy dell’autoritarismo populista indonesiano”, RISE, Vol. 9, N. 1, pp. 18-26.

[5] Per un profilo dei candidati, in particolare di Gibran, si veda The Jakarta Post disponibile online al sito: https://www.thejakartapost.com/indonesia/2023/12/01/candidate-profile-gibran-rakabuming-raka.html .

[6] Per i risultati delle elezioni si rimanda alla pagina ufficiale governativa disponibile online al sito: https://www.kpu.go.id/

[7] Siregar, K. (2024). “Indonesia’s tight legislative election sees PDI-P with a slight lead; potentially problematic for Prabowo’s camp”, Channel New Asia, disponibile online al sito: https://www.channelnewsasia.com/asia/indonesia-legislative-election-prabowo-subianto-megawati-soekarnoputri-gerindra-pdip-parliament-4125846

[8] O’Rourke, K. (2002). Reformasi: The Struggle for Power in Post-Soeharto Indonesia, Allen & Unwin, Sidney.

[9] Reformasi (Riforma) è il termine utilizzato per riferirsi al periodo successivo alla caduta del generale Suharto nel maggio del 1998 e l’inizio di una stagione riformatrice carica di speranze per la democrazia indonesiana.

[10] Aspinall, E. (2011). ” Semi-Opponents in Power: The Abdurrahman Wahid and Megawati Soekarnoputri Presidencies” in Aspinall, E. & Fealy G. (a cura di), Soeharto’s New Order and its Legacy: Essays in honour of Harold Crouch, Canberra, ANU Press, pp. 119-134.

[11] Ghoshal, B. (1979). “Indonesia’s New Order under Suharto”, India Quarterly, Vol. 35, n. 4, pp. 434-452.

[12] Murtopo, A. (1973). The Acceleration and Modernization of 25 Years’ Development, Jakarta, Centre for Strategic and International Studies.

[13] Orde Baru (Nuovo Ordine) è l’espressione coniata dal regime militare per indicare il nuovo corso della politica indonesiana dopo il bando dei comunisti e la caduta del primo presidente Sukarno nel 1965.

[14] Salim, S. (1998) “Suharto’s Armed Forces: Building a Power Base in New Order Indonesia, 1966-1998”, Asian Survey, n. 1, pp. 119-126.

[15] Feith, H. (1957). The Indonesian Elections of 1955, Ithaca, Cornell University Press.

[16] Liddle, W. R. (1992). “Indonesia’s Democratic Past and Future”, Comparative Politics, Vol. 24, n. 4, pp. 443-462.

[17] Lane, M. (2008). Unfinished Nation: Indonesia before and after Suharto, London, Verso.

[18] Mao, F. (2024). “Prabowo Subianto: The tainted ex-military chief who will be Indonesia’s new leader”, BBC, 15 febbraio, disponibile online al sito: https://www.bbc.com/news/world-asia-68237141.

[19] Liddle, W. R. & Mujani, S. (2005). “Indonesia in 2004: The Rise of Susilo Bambang Yudhoyono”, Asian Survey, Vol. 35, n. 1, pp. 119-126.

[20] Mietzner, M. (2012). “Indonesia: Yudhoyono’s Legacy between Stability and Stagnation”, Southeast Asian Affairs, pp. 119-134.

[21] Mietzner, M. (2015). Reinventing Asian Populism: Jokowi’s Rise, Democracy, and Political Contestation in Indonesia, Honolulu, East-West Center.

[22] Fukuoka, Y. & Djani, L. (2016) “Revisiting the rise of Jokowi: The triumph of reformasi or an oligarchic adaptation of post-clientelist initiatives?”, South East Asia Research, Vol. 24, n.2, pp. 204–221.

[23] Sull’evoluzione dell’utilizzo degli strumenti di welfare negli ultimi quattro anni si rimanda all’articolo presente in questo numero di Sciortino, R. (2024) “L’evoluzione dell'(ab)uso del Bansos in Indonesia”, RISE, Vol. 9, N. 1, pp. 36-59.

[24] Lindsey, T. & Butt, S. (2023) “Is Joko Widodo paving the way for a political dynasty in Indonesia?”, The Conversation, 20 dicembre, disponibile online al sito: https://theconversation.com/is-joko-widodo-paving-the-way-for-a-political-dynasty-in-indonesia-219499.

[25] Paddock, R. C. & Suhartono, M. (2024) “A President’s Son Is in Indonesia’s Election Picture. Is It Democracy or Dynasty?”, The New York Times, 6 gennaio, disponibile online al sito: https://www.nytimes.com/2024/01/06/world/asia/indonesia-presidential-election-dynasty.html.

[26] Sambhi, N. (2024) “Indonesia’s eras: Reflections on Jokowi’s legacy and Prabowo’s presidency”, Brookings, 28 febbraio, disponibile online al sito: https://www.brookings.edu/articles/indonesias-eras-reflections-on-jokowis-legacy-and-prabowos-presidency/.

[27] Sulaiman, Y. (2024) “Kemenangan Prabowo: efek Jokowi dan ujian demokrasi Indonesia”, The Conversation, 15 febbraio, disponibile online al sito: https://theconversation.com/kemenangan-prabowo-efek-jokowi-dan-ujian-demokrasi-indonesia-223603.

[28] Scott, M. (2024). “Indonesia’s Corrupted Democracy”, The New York Review of Book, disponibile online al sito: https://www.nybooks.com/articles/2024/04/04/indonesias-corrupted-democracy-coalitions-presidents-make/.

[29] Kenawas, Y. (2023). “Jokowi’s dynasty-building risks tensions with his PDI-P party base”, East Asia Forum, disponibile online al sito: https://eastasiaforum.org/2023/10/22/jokowis-dynasty-building-risks-tensions-with-his-pdi-p-party-base/.

[30] Afifa, L. (2023). “Ganjar Pranowo: I Am Loyal to Megawati and Jokowi”, Tempo, disponibile online al sito: https://en.tempo.co/read/1734704/ganjar-pranowo-i-am-loyal-to-megawati-and-jokowi.

[31] Sulistyo, P. D. (2024). “Amid Proposals for Inquiry Rights, Indonesia Police Watch Reports Ganjar Pranowo to the Corruption Eradication Commission”, Kompas, disponibile online al sito: https://www.kompas.id/baca/english/2024/03/05/en-ipw-laporkan-ganjar-pranowo-ke-kpk-di-tengah-usulan-hak-angket-bergulir.

[32] Muhtadi, B. (2023). “PDI-P’s Own Goal? Controversy over Indonesia’s Loss as U-20 FIFA World Cup Host”,  Fulcrum, disponibile online al sito: https://fulcrum.sg/pdi-ps-own-goal-controversy-over-indonesias-loss-as-u-20-fifa-world-cup-host/.

[33] Lindsey, T. (2024). “Prabowo Subianto is poised to succeed in lifelong quest to become Indonesia’s president. This is why it’s so worrying”, The Conversation, 15 febbraio, disponibile online al sito: https://theconversation.com/prabowo-subianto-is-poised-to-succeed-in-lifelong-quest-to-become-indonesias-president-this-is-why-its-so-worrying-223637.

[34] McBeth, J. (2022). “Beginning of the end of Megawati’s hold on Indonesia”, Asia Times, 4 ottobre, disponibile online al sito: https://asiatimes.com/2022/10/beginning-of-the-end-of-megawatis-hold-on-indonesia/.

[35] Lai, Y. (2024). “Jokowi-Megawati rift may hinder Prabowo’s efforts to include PDI-P in his government”, The Jakarta Post, 18 aprile, disponibile online al sito: https://www.thejakartapost.com/indonesia/2024/04/18/jokowi-megawati-rift-may-hinder-prabowos-efforts-to-include-pdi-p-in-his-government.html.

[36] Lane, M. (2024). “Understanding Indonesia’s 2024 Presidential Elections: A New Polarisation Evolving”, ISEAS Perspective, n.8.

[37] Parker, E. (2023) “The Rise of Prabowo and the Return of Indonesia’s Old Elite”, The Diplomat, 20 dicembre, disponibile online al sito: https://thediplomat.com/2023/12/the-rise-of-prabowo-and-the-return-of-indonesias-old-elite/.

[38] Teresia, A. (2024). “Indonesia’s presumed new president pays tribute to strongman Suharto”, Reuters, 14 febbraio, disponibile online al sito: https://www.reuters.com/world/asia-pacific/indonesias-presumed-new-president-pays-tribute-strongman-suharto-2024-02-14/.

[39] Revanda Putra, H. (2024). “Beredar Video Soeharto Ajak Coblos Golkar, TAPP Minta KPU Batasi Penggunaan AI dalam Kampanye”, Tempo.co, 10 gennaio, disponibile online al sito: https://nasional.tempo.co/read/1819701/beredar-video-soeharto-ajak-coblos-golkar-tapp-minta-kpu-batasi-penggunaan-ai-dalam-kampanye.

[40] Lakshmi, A. A. (2024). “Indonesia’s Prabowo Subianto vows to boost economic growth to 8% within five years”, Financial Times, disponibile online al sito: https://www.ft.com/content/4e09f403-0e17-47e6-96ec-00fe0cb6a5c1.

[41] Hermawan, H. (2024). “The biggest threat to Indonesia’s democracy? It’s not Prabowo, it’s the oligarchy”, The Conversation, 27 febbraio, disponibile online al sito: https://theconversation.com/the-biggest-threat-to-indonesias-democracy-its-not-prabowo-its-the-oligarchy-223974.

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