Alla fine di aprile una missione guidata dal ministro per la Pubblica amministrazione e l’innovazione Renato Brunetta ha inaugurato due centri a Shanghai e Pechino dedicati rispettivamente a design e innovazione e al trasferimento tecnologico e della proprietà intellettuale. Un terzo centro, che si occuperà di e-government e cloud computing (le tecnologie per l’utilizzazione di hardware o software in remoto), è sulla rampa di lancio. Secondo il ministro, l’apertura di strutture di questo genere a Pechino conferma un mutato atteggiamento della Cina sul fronte della protezione della proprietà intellettuale: “Sembrano ormai passati duemila anni da quando si doveva temere un comportamento unfair da parte cinese – ha detto Brunetta –, su questo abbiamo riscontrato una precisa volontà delle autorità. Le imprese italiane che si rivolgeranno al centro per la tutela della proprietà intellettuale avranno a disposizione un percorso giuridico, tecnico e amministrativo con regole di reciprocità ben chiare, che eviteranno i rischi relativi alle violazioni di brevetti che corre chi sbarca da solo in Cina”.
Il tema della proprietà intellettuale è ancora una volta di estrema attualità in Cina: proprio in questi giorni si assiste a un duello globale tra i due colossi cinesi delle telecomunicazioni Huawei e Zte, che si accusano a vicenda di violazioni di marchi e brevetti nei tribunali di Francia, Germania e Ungheria, mentre a metà marzo una corte di Shanghai aveva condannato un’azienda del Guangdong a risarcire l’italiana Ariston, che fin dal 2002 si era vista copiare il proprio brand da concorrenti cinesi. A fine marzo, inoltre, è stato approvato il piano di lavoro della seconda fase del progetto sulla tutela della proprietà intellettuale tra Cina e Unione Europea, per la cui realizzazione le due parti hanno stanziato più di 16 milioni di euro. Insomma, le stesse autorità cinesi, tanto a livello legislativo quanto sul fronte dell’applicazione delle norme, sembrano più attente alla concreta attuazione degli accordi internazionali.
Se inaugurare centri su design e e-government permette all’Italia di muoversi in ambiti relativamente nuovi, la proprietà intellettuale rappresenta, però, un terreno battuto già da molti anni: oltre al nuovo centro per il trasferimento tecnologico di Pechino, infatti, esiste già uno sportello per la tutela contro le violazioni presso la sede di Pechino dell’Istituto per il commercio estero (Ice) e anche la Camera di commercio dell’Unione europea in Cina offre da anni un IPR Helpdesk. A quale ente rivolgersi, dunque? Quali le differenze tra i tre? Collaboreranno tra loro, e, se sì, come? Bene l’innovazione, ma moltiplicare i servizi affini – oltre a confondere le idee – è un approccio la cui efficacia dovrà essere valutata sul campo.
Nelle stesse settimane si è assistito anche a un’altra inaugurazione, quella del nuovo stabilimento Marcegaglia a Yangzhou (400 km a nordovest di Shanghai), che, con un’area di oltre 700 mila metri quadrati per un valore di 150 milioni di euro, costituisce il più ingente investimento di un’impresa italiana in Cina. Si tratta di un impianto che nella fase iniziale impiegherà circa 500 addetti e produrrà tubi di acciaio di alta precisione destinati alle diverse filiere manifatturiere del mercato locale e del Pacifico. Anche se da sempre il settore meccanico costituisce la prima voce dell’export italiano in Cina, che un gruppo dell’importanza di Marcegaglia si muova con un investimento di tali dimensioni per essere presente direttamente sul mercato asiatico dà un segnale importante di dinamismo in una fase di rilancio delle relazioni bilaterali italo-cinesi.
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