L’avanzata della Cina in Africa e la “diplomazia trasformativa” di Xi

OrizzonteCina vol. 5 n. 5 (Maggio 2014)

Con l’eccezione dell’immediato vicinato asiatico, l’Africa è per molti versi il teatro geopolitico e lo spazio economico in cui più percepibile è la proiezione cinese verso l’estero. In Africa si intrecciano e si contrappongono imperativi strategici – a partire dall’approvvigionamento di materie prime e idrocarburi –, diffusi interessi economici, agende di sviluppo, divergenti concezioni di diritti. Nel continente, già soggetto al colonialismo europeo, Pechino sta sviluppando una sofisticata public diplomacy, che mira ad accreditare la cooperazione sino-africana come mutualmente vantaggiosa, e non paravento di mire neo-coloniali. In questo quadro assumono una particolare rilevanza le Zone economiche speciali (Zes) su cui la Repubblica popolare cinese (Rpc) investe capitali e energie politiche notevoli.

Pur nel quadro di una ripresa dell’economia mondiale ancora debole, la crescita dello scambio commerciale tra la Rpc e il continente africano continua a ritmi sostenuti. Secondo fonti ufficiali, nel 2012 il valore dell’interscambio commerciale ha raggiunto 198 miliardi di dollari USA. Secondo Xinhua, nel 2013 tale valore ha superato i 200 miliardi di dollari. Allo stesso modo il flusso d’investimenti diretti esteri (Ide) da Pechino verso l’Africa – nonostante le statistiche non siano del tutto attendibili – si è moltiplicato nel corso dell’ultimo decennio.

Un canale particolarmente importante attraverso cui sono veicolati gli Ide cinesi in Africa è rappresentato dalle Zes, piattaforme previste dal “partenariato strategico di mutuo vantaggio” tra la Cina e l’Africa, siglato nel 2006 da Hu Jintao, presidente della Rpc fino alla nomina di Xi Jinping nel marzo 2013. Parte di un’iniziativa politico- economica internazionale del governo di Pechino, le Zes costituiscono un modello di cooperazione allo sviluppo di natura sperimentale, rappresentativo dell’approccio strutturale della Rpc nel continente.

 

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