[IT] Il consumo energetico della Cina ha conosciuto un’accelerazione senza precedenti negli ultimi dieci anni, seguendo di pari passo lo sviluppo economico del paese. Tale aumento è il risultato della rapida industrializzazione, catalizzata dalla trasformazione della Cina nel centro manifatturiero globale dopo l’ingresso nell’Organizzazione Mondiale del Commercio, e della spesa per investimenti in infrastrutture decisa in risposta alla crisi economica globale del 2008. La Cina è oggi il maggiore consumatore di energia al mondo, il principale importatore di petrolio, nonché il primo emettitore di gas serra. Circa il 70% dell’economia cinese è alimentato dal carbone. Le conseguenze ambientali e sulla salute di questa impressionante crescita si sono manifestate con chiarezza negli ultimi anni: le cosiddette “apocalissi dell’aria” in molte città, gli scandali sui raccolti e le falde acquifere contaminati, l’abbassamento delle aspettative di vita e le morti premature tra la popolazione evidenziati da recenti studi sono gli esempi più lampanti. Preoccupata da questi problemi, e dalla potenziale instabilità sociale, la leadership cinese ha adottato misure eccezionali per combattere il degrado ambientale.
[IT] Tra il 9 e il 12 novembre scorso si è svolta a Pechino la terza sessione plenaria del XVIII Comitato centrale del Partito comunista cinese (Pcc). Alla vigilia del plenum la maggior parte degli osservatori indicava come imminente un ridimensionamento del ruolo dello Stato per favorire quella liberalizzazione dell’economia e della società cinesi da molti indicata – specialmente in Occidente – come unico rimedio per correggere le distorsioni e gli squilibri creati dallo sviluppo economico degli ultimi anni. Ciò è avvenuto al momento solo a parole: il documento finale segnala un orientamento in questo senso, ma non articola le tappe del percorso. Nel frattempo, i risultati più evidenti del plenum secondo gli esperti sono invece la conferma del ruolo centrale del Partito-Stato e l’accentramento dei poteri nelle mani di Xi Jinping, collocatosi al vertice di due nuovi organi, il primo dedicato all’approfondimento delle riforme e il secondo alla tutela della sicurezza dello Stato.
[IT] Lo scorso 21 novembre si è tenuto il 16° Summit tra Unione Europea e Cina: si tratta del 10° da quanto nel 2003 fu siglato il partenariato strategico tra Bruxelles e Pechino, e del primo cui hanno partecipato i nuovi leader cinesi. Dopo le tensioni legate alla querelle commerciale sui pannelli solari (risolta, mentre resta aperto il fronte vino), il Summit ha rilanciato la relazione attraverso il varo dell’Agenda strategica di cooperazione UE-Cina 2020, al cui cuore si trovano l’avvio di un negoziato per un Accordo bilaterale sugli investimenti, e la promozione della cooperazione sul fronte dello sviluppo urbano. Il Premier cinese Li ha espresso il suo ottimismo sul futuro della relazione anche in un editoriale pubblicato su China Daily sabato 23 novembre, in cui appare notevole l’enfasi posta sulla relazione tra Cina e paesi dell’Europa centrale e orientale, e stupefacente il doppio specifico riferimento al Regno Unito.
[IT] Il termine “Cina” in lingua cinese è 中国 (Zhongguo), “Stato centrale”, una traccia semantica che in origine individua uno specifico “stato” nel proto-sistema internazionale esistente nel territorio cinese in epoca arcaica e che – dopo la millenaria fase di pretesa centralità culturale-politica in epoca imperiale – riemerge oggi con rifermento alla salienza geopolitica e geo-economica della Repubblica Popolare Cinese rispetto alle dinamiche strategiche in Asia centrale e nello scacchiere Indo-Pacifico.
[IT] Sin dal 2012 Xi Jinping insiste su una campagna di moralizzazione del Partito che colpisca tanto le “mosche,” quanto le “tigri,” ossia funzionari ad ogni livello. Sebbene interventi di questo tipo siano ricorrenti nella fase iniziale di una nuova leadership in Cina – e abbiano intenti di tipo politico, più che disciplinare – il fenomeno della corruzione ha ormai assunto proporzioni tali da chiamare in causa non solo la volontà, ma la capacità stessa del Pcc di farvi fronte.