Antipirateria, sicurezza privata e libertá di navigazione: orizzonti della sicurezza in mare

Human Security n. 5 (Dicembre 2017)

Nel corso degli anni 2000, il deterioramento della sicurezza in mare ha suscitato sempre maggiori preoccupazioni, tanto a livello globale quanto nazionale. Il riemergere di fenomeni come la pirateria o l’acuirsi di tensioni geopolitiche rappresentano infatti sfide complesse, che richiedono risposte trasversali, coinvolgendo svariati attori a più livelli. Il numero di Human Security che va a chiudere il 2017 si occupa quindi di sicurezza marittima, offrendo ai lettori approfondimenti e analisi di questioni che raramente sono oggetto di dibattito pubblico, specialmente in Italia.

In apertura, Stefano Ruzza, docente di Conflitto, Sicurezza e Statebuilding presso l’Università degli Studi di Torino, sottolinea infatti come oltre ai problemi derivanti dalla crisi migratoria nel Mediterraneo, anche la pirateria ha avuto implicazioni significative – e talvolta non scontate – per i cittadini “a terra”. Le missioni militari come EUNAVFOR “Atalanta” o NATO “Ocean Shield”, pur avendo svolto un ruolo indispensabile, da sole non sono state sufficienti ad arginare il problema ed è stato necessario introdurre, a livello internazionale, anche l’imbarco di team armati a bordo del naviglio mercantile.

L’Italia – così come altri paesi – ha dovuto quindi riadattare il suo approccio alle attività antipirateria. In particolare con la Legge 130/2011, anche l’Italia ha introdotto la possibilità di imbarco di team armati su navi mercantili, rispondendo alle sollecitazioni provenienti dalla propria armatoria. Ed è proprio Luca Sisto, vicedirettore generale di Confitarma, a portare avanti la riflessione sulla specificità del caso italiano nell’impiego di personale armato, militare o privato, quali team di protezione a bordo dei mercantili. Intervistato da Ruzza, Sisto delinea l’evoluzione e le problematiche del panorama legale e istituzionale italiano in materia partendo dall’esperienza diretta di Confitarma e dal ruolo che l’armatoria italiana ha avuto nella creazione del modello “duale” previsto dalla Legge 130.

Conclude il focus sulla pirateria l’articolo seguente, a firma di Vincenzo Pergolizzi e Esther Marchetti che danno voce a un altro stakeholder di spicco: Metro Security Express (MSE). Primo Istituto di Vigilanza italiano ad aver ottenuto la licenza per effettuare servizi di antipirateria marittima, MSE ha dovuto affrontare e superare svariati scogli di ordine logistico, amministrativo e burocratico. Nel loro articolo, Pergolizzi e Marchetti accompagnano il lettore attraverso le fasi necessarie per poter operare e contribuire a quella che gli autori stessi definiscono “sicurezza partecipata” fra pubblico e privato.

Inserendosi nel più ampio dibattito sul ruolo del settore privato in ambito di sicurezza marittima, Eugenio Cusumano, docente di relazioni internazionali e studi europei presso l’Università di Leiden, sposta l’attenzione sulla questione spinosa della gestione dei flussi migratori, analizzando come la maggiore partecipazione di organizzazioni non governative nelle operazioni di salvataggio in mare abbia consentito un maggiore coinvolgimento delle aziende di sicurezza privata nella gestione della crisi libica, non senza criticità.

Come già accennato, la dimensione marittima della sicurezza è all’ordine del giorno anche nell’agenda internazionale. Chiude pertanto il quinto numero di Human Security un approfondimento di stampo più prettamente geopolitico sulla libertà di navigazione, affrontato da prospettive diverse da Marco Giulio Barone e Simone Dossi. Il primo, analista de Il Caffè Geopolitico, si concentra sulle sfide poste dalle bolle di interdizione A2/AD alla capacità degli Stati Uniti di porsi come garanti della libertà dei mari. Simone Dossi, ricercatore e docente presso l’Università degli Studi di Milano, rovescia la prospettiva osservandola dalla posizione dell’altra grande potenza, la Cina, che, pur interessata allo sviluppo di sistemi A2/AD, dal venire meno della sicurezza della navigazione commerciale ha certamente molto da perdere.

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