“Pechino non riesce a mediare”. L’esperto: conflitto molto vicino
Intervista a Giovanni Andornino sui rischi rappresentati dalla Corea del Nord
“Xi Jinping farà di tutto per fermare Pyongyang, forse anche ricorrendo alle sanzioni. Ma non sappiamo se basterà: l’eventualità della guerra non può essere esclusa”. Così il professor Giovanni Andornino, docente di relazioni internazionali dell’Estremo Oriente all’università di Torino e visiting professor alla Zhejing University di Hangzou (Cina).
Professor Andornino, la Cina riuscirà a frenare Pyongyang?
La Cina farà quello che può fare. Ma lo spettro delle opzioni in mano a Pechino è più limitato rispetto a quello che si creda in Occidente, dove si ritiene che la Corea del Nord sia quasi uno stato vassallo di Pechino. Non è più così e da lungo tempo. La Cina è oggettivamente preoccupata per le scelte del regime di Pyongyang oltretutto in un momento nel quale Pechino si avvicina ad un ricambio della sua leadership. Quello che sta accadendo è tutto fuorché quello che Pechino vuole vedere, ma il fatto che avvenga nonostante ciò è già indicativo della libertà di manovra dei nordcoreani. Che è ampia.
Cosa può fare di concreto la Cina per costringere il leader nordcoreano a più miti consigli?
L’arma più forte tra quelle realistiche è applicare forti sanzioni commerciali, che priverebbero la Corea dell’unico Paese con il quale ha scambi commerciali. Per la Nord Corea sarebbe molto dura. Sul medio periodo non resisterebbe e, sapendolo, il regime sarebbe costretto a scegliere.
Trattare o combattere?
Traccio tre scenari. Il primo è che il regime scelga di cedere e trattare. Il secondo è che, invece, messo alla mala parata, faccia un colpo di testa clamoroso come un nuovo test nucleare che provocherebbe una risposta militare degli Stati Uniti, successivi attacchi nordcoreani, magari contro le basi americane in Sud Corea e, di risposta in risposta, scalerebbe a guerra aperta, con danni enormi e il rischio di spostamenti di milioni di civili dalla Nord Corea verso la Cina. Il terzo scenario, per fortuna improbabile perché il regime sa che sarebbe la sua fine, è simile al secondo ma ancora peggiore, perché implica l’uso di armi nucleari, con devastazione delle due Coree e indirettamente, pensiamo al fall out, anche alla Cina stessa e al Giappone. Ovvio che prima di spingere sull’acceleratore delle sanzioni, Pechino sia molto cauta, perché ha a che fare con un leader imprevedibile e sa che se non calibra bene, rischia di subire più danni di quanti sarebbe in grado di sopportare. Deve essere autorevole, ma lavorare di cesello.
Basterà la moral suasion?
Spero di sì, ma ne dubito. Pechino ha un reale timore che ci possa essere un colpo di mano statunitense in qualche modo simile a quello visto in Siria e credo che sarà più impegnata che in passato nel trasmettere ai nordcoreani il concetto che ci saranno conseguenze gravi se nei prossimi giorni ci saranno comportamenti avventati. Ma credo la moral suasion non basterà. Certo, resta la carta delle sanzioni, che però, come abbiamo visto, ha i suoi rischi. Il tasso di imprevedibilità di questa crisi è altissimo. Trump e Kim Jong Un stanno cercando entrambi di essere gli ultimi a fermarsi. Il rischio è che non si rendano conto che nel burrone possono finire entrambi, che la crisi può sfuggire di mano.
È realistico che la Cina possa tentare con un colpo di Stato?
Non ho mai sentito colleghi cinesi argomentare che la Cina abbia questo livello di accesso al regime nordcoreano. Mi pare piuttosto improbabile.
Qual è il reale obiettivo di Kim Jong-un?
Sicuramente c’è una dinamica interna al regime che noi non conosciamo pienamente e che richiede al leader di dimostrare la sua tenuta di fronte alle pressioni esterne. Ma probabilmente c’è anche il calcolo di alzare la posta per tornare a trattare da posizioni di forza. È una logica perversa già vista in passato. Il problema è che non credo che ciò paghi con la presidenza Trump e che di questo non vi sia consapevolezza in Corea del Nord.
President
Giovanni B. Andornino is the President of the Torino World Affairs Institute and Head of its Global China Program. He is an Assistant Professor of International Relations of East Asia at the University of Torino and the Secretary General of the China-Italy Philanthropy Forum.
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